Global Bass Online April 2002
|
|
by Alessandro Arcuri
Ho
notato che spesso i musicisti jazz o di musica leggera con studi classici alle
spalle, affrontando lo studio dell'armonia moderna, affermano di aver imparato
molto di più da quest'ultima che non dallo studio della classica, a volte
troppo legata a regole già da tempo "abbattute". È capitato anche a
te? Credo che il mio percorso sia stato inverso come
inverse sono state le conclusioni a cui sono giunto. Ho iniziato studiando
l'armonia jazz (anche se la definirei più che altro "teoria
dell'improvvisazione") e poi ho proseguito, e proseguo tuttora, in un
cammino indirizzato verso la musica "colta" che però non è
propriamente "classica" ma piuttosto contemporanea. Sono molto
attratto dai compositori più moderni anche se l'attrazione verso i padri come
Bach è forte come un po' in tutti i musicisti di Jazz. Francamente non ti so dire se esistono (ma credo di
no) due "armonie" distinte. Vedo certamente due differenti linguaggi,
con differenti tratti stilistici ma non vedo l'utilità nel tenerli separati. Credo che i più grandi compositori/arrangiatori di
Jazz ,da Duke Ellington a Gil Evans e da Vince
Mendoza a Maria
Schneider ecc..., abbiano attinto e attingano da Bach come da Schoenberg e
da Stravinsky come da Mahler, però credo che i compositori del '900 non fossero
estranei a influenze jazzistiche più o meno marcate. Quello che sto imparando a non amare è l'armonia a
"pacchetti" dei trattati di jazz. Mi piace pensare all' armonia come
una scienza in cui il processo attraverso in cui si arriva ad un risultato è
stimolante quanto il risultato. Probabilmente l'odio di quei musicisti di cui tu
parli è indirizzato, più che verso l'armonia classica, verso una didattica un
po' superata e verso programmi che ti obbligano a studiare una materia in un
modo che non ha più nessuna applicazione pratica o quasi....non è un mistero
che i programmi dei Conservatori abbiano bisogno di una "ritoccatina"
ma siamo sicuri che poi la cura sia migliore della malattia? Trovi
che per un bassista, il cui ruolo è spesso "limitato" alla funzione
ritmica, anche se rimane comunque il cardine dell'armonia, l'arrangiamento di un
brano sia una sfida maggiore di quella che può essere, per esempio, per un
pianista? Dando per scontato una preparazione musicale che ti consenta di farlo,
chiaramente, ho notato che i bassisti hanno comunque una "forma
mentis" diversa dai pianisti. Trovi che sia più difficile affrontare
l'arrangiamento del pezzo o, anzi, pensi che il fatto di essere abituati a
vivere e far vivere la musica "dalle sue basi" (ritmo e armonia),
faciliti il compito? Credo che sia un compito difficile arrangiare un
brano senza rovinarlo, indifferentemente dallo strumento che suoni. Debbo dirti
che da quando ho imparato ad usare (bada bene non "suonare") il piano
per scrivere, la qualità della mia musica è migliorata molto anche se, al
contrario, può succedere che la manualità abbia la meglio sulla creatività. Sicuramente i bassisti hanno delle caratteristiche
diverse dai pianisti nella scrittura però debbo dire che i migliori suonano
anche un po' il piano. La vera differenza che io ho trovato nella mia
esperienza personale è che io, rispetto ad un pianista, devo usare di più
l'immaginazione vista l'impossibilità tecnica di eseguire le varie parti
assegnate all'orchestra. Non che per un pianista sia facile ma per me è
impossibile. Conto molto sulla mia immaginazione. Dal
momento che il tuo bellissimo CD omaggio a Jaco Pastorius è un tributo a uno
degli ultimi innovatori sul basso elettrico, e soprattutto ospita un altro
grossissimo innovatore, quale Michael Manring, dove pensi che si stia dirigendo
il basso elettrico, oggi? Fra
le accordature aperte di Manring e gli assurdi ostinato in tapping di Les
Claypool, giusto per citare un paio di nomi, cosa pensi ci sia ancora da dire
sullo strumento? Conosci qualche altro innovatore sul basso, attualmente? Credo che i nomi siano quelli che tutti conoscono.
Francamente non conosco molto bene il lavoro di Claypool mentre quello che penso
di Michael è il meglio possibile. Credo che lui e Miller siano, in maniera diversa, i
veri eredi di Jaco proprio perché sono i più lontani dal suo suono e quindi
altamente personali anche se l'influenza del maestro è inevitabile: sarebbe
come suonare BeBop e pretendere di non "suonare" Parker. Comunque Michael è incredibile... l'energia che
trasmette nei suoi show è pazzesca; lui è un’intera orchestra da solo e non
sto parlando solo dell'uso della polifonia, che è esagerato, ma dell'impatto
sonoro. Non ho visto nessuno mai usare così tante tecniche differenti senza
scadere nel circense tranne lui.... È sempre al servizio della musica. Ed oltre a questo è una persona di rara
intelligenza ma ancora più rara generosità modestia e bontà. E' un grande
onore per me essere suo amico. La
rilettura dei brani di Pastorius, che proponi nel tuo CD, passa dalle citazioni
più genuine ai riarrangiamenti più radicali. Nella rilettura di Havona tu
stesso spieghi come il pezzo stesso abbia comportato una sorta di “unica
strada possibile” per giungere all'arrangiamento finale, mentre su Continuum
parti con una citazione molto “onesta” per poi lasciare più spazio ad
interventi personali, e tornare poi al tema di partenza. Hai cercato di volta in
volta di affrontare un brano basandoti esclusivamente su una tua idea di
partenza che già avevi in testa, adattando l'arrangiamento fino a ottenere ciò
che sentivi, o hai lasciato che le caratteristiche intrinseche del brano
dettassero la strada da seguire? La direttiva
primaria era che si trattasse di musica il più possibile “mia” ma ispirata
dalla musica del Maestro. In realtà si tratta di interpretazioni del
materiale proposto da Jaco dove per materiale non intendo solo i brani. Mi sono posto dei limiti precisi, non ho operato
frammentazioni o modifiche alle melodie originali, volevo che il brano
arrangiato fosse comunque riconoscibile perché credo che quella musica non
avesse bisogno di essere “corretta”, era perfetta così come Pastorius
l'aveva pensata. Nello stesso tempo volevo produrre un’opera che
fosse “frutto del mio ingegno” (come cita il regolamento SIAE) e che
sentissi mia a tutti gli effetti per cui ho spostato la mia attenzione sul lato
armonico e timbrico. Se ci fai caso ho cercato di avere molto rispetto per il
brano originale e mi sono appropriato maggiormente dei brani “standard”.
Modificare armonie come quelle di “Three views…” vuol dire rovinare la
perfezione e anche quando un brano originale veniva modificato pesantemente
(come in”Continuum”) la versione originale era citata in apertura di brano. Tutto il cd è giocato un po’ tra la citazione e
l’“invenzione”; più che aggiungere idee rischiando di snaturare il
progetto le idee vengono reinterpretate. Questo avviene sia quando il solo di “Havona” viene riproposto dai fiati ma anche, in un ottica di architettura dell'intero cd, con la presentazione, come brano di apertura di “Donna Lee” eseguita da Michael Manring e da me citando apertamente la versione di Jaco (vedi il tema finale in E major) ma creandone una differente per spirito e humour. Il cd finisce con Jaco che suona il piano nello stesso modo in cui il primo disco di Pastorius termina con un brano in piano solo suonato da Herbie Hanckock. In questo modo tutto il disco echeggia l’opera di Jaco. Sempre
parlando di Jaco Pastorius, è famosa la sua frase "io so da dove ho rubato
ogni singola nota". L'importanza delle fonti di ispirazione, per un
musicista, è ovvia, ma il saperle gestire è un altro paio di maniche. Come
pensi che possa fare un giovane musicista a trovare il giusto bilanciamento fra
l'imitazione di un artista a cui s’ispira, e lo sviluppo della propria
individualità, nell'esprimersi attraverso lo strumento? E
come cerchi di trasmettere il tutto ai tuoi studenti? Didatticamente quello che cerco di fare io è
"citare le mie fonti". Ogni volta che insegno qualcosa cerco di darne una
spiegazione logica per stimolare la convinzione necessaria ad alimentare lo
studio e la ricerca, questo nel caso stia spiegando mie soluzioni, altrimenti,
facendo notare la varietà delle fonti di riferimento testimonio non solo la
funzionalità di una nozione ma anche il modo in cui la utilizzano altri
musicisti. Bisogna dire che molto spesso non si tratta di
bassisti per cui .... Può succedere che l'imitazione di Michael Brecker possa
portare già da sola ad evitare di suonare come quel bassista o quell'altro
viste le differenze di approccio. Spesso i limiti di uno strumento sono la forza
di un altro e la chiave per il superamento dei propri limiti. Quando
parli di “citare le tue fonti” non posso fare a meno di notare che per
esempio, all’inizio del solo di basso su Havona tu citi Miles Davis
(“Four”), poi porti l’esempio di Michael Brecker come altra fonte; una
cosa che ho spesso notato è che i fiati sono fra gli strumenti a cui si attinge
di più per ampliare gli orizzonti del nostro strumento. Pensi che sia
semplicemente per una “storia solistica” più antica rispetto a quella del
basso (e anche del contrabbasso, in fondo) o è proprio perché essendo
strumenti con ruoli così diversi sia inevitabile trovarci approcci nuovi e
stimolanti? Devo dire che quando ho suonato il solo di Havona e
mi sono reso conto della citazione di cui parli non ero contentissimo perché mi
sembrava un po’ fuori contesto. Subito dopo ho pensato che Jaco, nel suo solo,
citava apertamente “La sagra della Primavera” Stravinsky e mi sono rilassato
poiché anche questo solo in qualche modo era risultato filologico. Credo che quella di attingere a più fonti (Coltrane,
Hendrix, Beatles, Bach, Marley, la musica caraibica ecc…) sia una delle doti
maggiori di Pastorius. Da uno come lui non sapevi mai cosa aspettarti vista la
varietà di stili che “colorava” la sua musica. Questa caratteristica è, in
fondo tipica del Jazz, rubare a tutte le musiche più o meno confinanti e
appropriarsi delle caratteristiche principali di queste musiche… anche se è
un’abitudine che, a mio parere, si sta un po' smarrendo a favore di una
cristallizzazione del linguaggio jazzistico. Per quello che riguarda Brecker, è uno dei miei
musicisti preferiti e trovo che solisticamente sia uno dei più avanzati solisti
moderni. Attingere da lui vuol dire necessariamente arricchire il proprio
bagaglio tecnico e armonico sullo strumento. Credo che ogni strumento abbia dei limiti a cui
tendere, ma credo anche che i limiti di uno strumento possano spesso
rappresentare la forza di un altro strumento… attingere da materiali proposti
da altri bassisti sicuramente è educativo ma ispirarsi ad altri strumenti
amplia la tavolozza di colori espressivi e ed aiuta a personalizzare il proprio
stile così come aiuta ispirarsi alla voce. Mi gira spesso in testa una frase riguardo la
definizione di Jazz, e di cui non ricordo la paternità, che recita pressappoco
così: “Il Jazz è quella musica in cui la voce imita gli strumenti e tutti
gli strumenti imitano la voce”. In conclusione non mi sento di escludere nessuna
delle due ipotesi da te proposte, anzi le sposerei ambedue, in fondo la musica
è un arte dove credo che la cosa migliore sia non buttare via niente delle
esperienze passate tutto può tornare utile. Massimo
Moriconi, in uno dei suoi metodi didattici, afferma giustamente che spesso si
modellano i propri gusti sui propri limiti, consigliando quindi una padronanza
tecnica più ampia possibile, per sfruttare al massimo il proprio strumento. È
anche vero che se uno non ha nulla da dire ma è bravo a dirlo, prima o poi
stufa; come pensi che si possa evitare di cadere nella trappola della tecnica
fine a se stessa? E' difficile dirlo... è tutto talmente soggettivo.
La "tecnica" è una disciplina così complessa. Spesso si accomuna alla velocità di esecuzione ma
si tratta di un malinteso causato dalla superficialità. La tecnica la vedo più legata all'emissione del
suono in contrapposizione con la destrezza, cioè l'abilità nell'eseguire
passaggi di "bravura" (come si dice in gergo "classico"). Da Jaco in poi il basso è diventato uno strumento
da virtuosi, è come se il mondo dei bassisti si fosse risvegliato urlando:
"Esistiamo anche noi". Non è più stato possibile pensare al basso
nello stesso modo. Però è pur vero che Jaco non era solo destrezza,
era un fior di musicista e i suoi "cantabili" sono ancora oggi
inimitabili (grazie alla sua tecnica). Tutti i bassisti sanno suonare "Teen
town" ma se provano a suonare "a Remark you made" la differenza
si sente subito.... Per non parlare di quelli che sanno suonare il tema di
"Donna Lee" ma non sanno accompagnarla con una walkin'line decente. Penso che la trappola di cui parli si eviti
cercando di non dimenticare che strumento si sta suonando e soprattutto perché.
A cosa serve il basso e quali sono le caratteristiche che gli altri strumentisti
cercano dal bassista. La maggior parte dei miei allievi si presenta in
classe con il pollice in alto chiedendomi di imparare lo slap e alcuni
impazziscono per imparare le suite per violoncello con il tapping ma poi non
riescono ad accompagnare un blues in Fa.Non vogliono essere dei bassisti. Per esperienza posso dirti che queste cose si
imparano poi nel modo peggiore sbattendo i denti e subendo licenziamenti vari
finche non si impara che il basso non è una chitarra accordata un ottava sotto. Dal
momento che sei attivo sia sul basso elettrico che sul contrabbasso, trovi che i
due strumenti ricoprano due ruoli che, seppur simili, rimangano distinti, data
la loro diversa sonorità e approccio, o hai scoperto una infuenza dell'uno
verso l'altro, nel modo di suonarli? Studiare il contrabbasso mi ha dato una coscienza
tecnica e musicale che il basso elettrico non mi aveva dato. Ho imparato a
studiare per ottimizzare il tempo su uno strumento che odiavo perché mi teneva
lontano dal mio vero amore: il basso elettrico. Ho imparato ad ascoltare musica che non apparteneva
alla letteratura dello strumento elettrico.Ho imparato che, tolta la batteria,
avevo degli insospettati problemi a far capire la pulsazione ritmica. Mi sono
scontrato con dei limiti che da ragazzino non riuscivo a vedere a causa di uno
strumento che forse non mi metteva alla prova o di una superficialità dovuta
alla giovane età. Più limiti scoprivo più dovevo lavorare per
risolverli. E in più il contrabbasso non mi permetteva di "volare",
dovevo "camminare". Questo però mi ha costretto a pensare alla musica
e non allo strumento, a non far camminare le mani se prima la testa non aveva
comunicato la sua idea. Ora che mi sono innamorato anche del contrabbasso,
pensando solo alla musica, posso scegliere di volta in volta il timbro più
soddisfacente per la musica che voglio fare; è un po' come fanno i trombettisti
quando scelgono una sordina, con la differenza che quattro sordine sono molto più
leggere di quattro bassi. E' un po' seccante dover ogni volta spiegare a tutti
quelli che mi dicono "..sai io preferisco il contrabbasso" che non è
un problema mio ma loro.... Che dovrei fare buttare via uno strumento? La
formazione in duo con la cantante Diana Torto, con la collaborazione di due
sassofonisti e un violoncellista, non è esattamente quello che si potrebbe
definire una "formazione tipo" di un gruppo musicale. Come affronti,
dal punto di vista bassistico ma anche di arrangiamento, queste situazioni un po'
anomale? Stessa soluzione....timbricamente. Il mio incubo
personale è che la gente si addormenti ad un mio concerto.(in fondo succede a
musicisti migliori di me). Credo che si debba sempre cercare di vincere la
noia inserendo sempre qualcosa di nuovo nella musica sfruttando tutti i
parametri possibili, il ritmo, l'armonia, il timbro, la dinamica la forma e le
loro varie combinazioni. Tutti gli strumenti dell'organico (quasi mai impegnati
tutti insieme) vengono usati in ruoli che non sono i soliti.... Imitando gli
strumenti mancanti. Se cerchi la chitarra la puoi trovare nel
violoncello pizzicato, se la vuoi distorta infilo un pezzo di carta tra le corde
del contrabbasso e voilà, se vuoi le tabla usi le chiavi del soprano, se vuoi
le spazzole sul rullante usi l'ancia e così via o strofini la mano destra sulla
cassa mentre la sinistra suona le fondamentali. In questo modo arrangiare le
parti diventa come avere a disposizione una intera orchestra. Al contrario le
prime volte che avevo una orchestra a disposizione, facevo suonare sempre tutti
avendo cosi un solo suono a disposizione.Ho imparato molto lavorando con piccoli
organici cercando sempre un suono "orchestrale" mi ha insegnato che
per esempio in un’orchestra di fiati puoi avere a disposizione 20 cantanti
indifferentemente da quale strumento suonino. Ho
notato che sei un fedele utilizzatore di bassi e amplificatori tutti italiani,
è il frutto di una lunga ricerca o ho hai avuto un occhio di riguardo verso le
marche nostrane? In realtà sono loro ad aver avuto un occhio di
riguardo per me.... Collaboro stabilmente e da anni con le ditte Laurus,
Mari e MarkBass...
ma non lo farei se non mi dessero quello che cerco. In generale mi tengo abbastanza lontano dal "mercato"
e dai negozi di strumenti musicali, ma questo avviene anche perché, avendo
stretti contatti con questi produttori, posso fare sempre presenti le mie
esigenze ed avere una soluzione in breve tempo. Particolare è il rapporto con "MarkBass"
poiché è iniziato quando il loro Ampli era solo una scatola grigia con delle
manopolone nere. La maggior parte dei test dei primi anni di lavoro sono stati
fatti con il mio basso ed è inevitabile che sia per me il miglior ampli in
circolazione. Potete visitare il sito di Maurizio Rolli presso: http://www.mauriziorolli.com
|
Copyright © 2000-2009 Global Bass Online
|