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Italian Maurizio Rolli

 

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by Alessandro Arcuri

Rendere omaggio ad una figura mitica come quella di Jaco Pastorius non è sicuramente un’impresa facile. A più di venticinque anni dal suo debutto solista è ancora difficile avvicinarsi alle sue opere senza rischiare di cadere nel banale o nel pretenzioso. Maurizio Rolli, conscio del fatto che non sarebbe stata un’impresa facile, ha invece deciso di rendere omaggio al maestro nella maniera più personale possibile. Il suo CD “moodswings”, infatti, propone una rilettura dei brani storici di Pastorius in una chiave quasi forse suggerita dall’opera di Jaco stesso: la ricerca di una propria identità musicale attraverso una continua sfida ed una continua messa in gioco del proprio bagaglio musicale. Sapere dove lasciare intatta l’opera di un genio e dove, invece, fornire una propria interpretazione è il frutto di un’attenta analisi e di una profonda conoscenza di ciò che si sta affrontando, e Maurizio ne da’ la prova, con l’aiuto anche di illustri collaboratori (basti pensare al brano d’apertura in cui duetta con Michael Manring) in questo bellissimo disco.

Moodswings: A Tribute to Jaco Pastorius

Ho notato che spesso i musicisti jazz o di musica leggera con studi classici alle spalle, affrontando lo studio dell'armonia moderna, affermano di aver imparato molto di più da quest'ultima che non dallo studio della classica, a volte troppo legata a regole già da tempo "abbattute". È capitato anche a te? 

Credo che il mio percorso sia stato inverso come inverse sono state le conclusioni a cui sono giunto. Ho iniziato studiando l'armonia jazz (anche se la definirei più che altro "teoria dell'improvvisazione") e poi ho proseguito, e proseguo tuttora, in un cammino indirizzato verso la musica "colta" che però non è propriamente "classica" ma piuttosto contemporanea. Sono molto attratto dai compositori più moderni anche se l'attrazione verso i padri come Bach è forte come un po' in tutti i musicisti di Jazz.

Francamente non ti so dire se esistono (ma credo di no) due "armonie" distinte. Vedo certamente due differenti linguaggi, con differenti tratti stilistici ma non vedo l'utilità nel tenerli separati.

Credo che i più grandi compositori/arrangiatori di Jazz ,da Duke Ellington a Gil Evans e da Vince Mendoza a Maria Schneider ecc..., abbiano attinto e attingano da Bach come da Schoenberg e da Stravinsky come da Mahler, però credo che i compositori del '900 non fossero estranei a influenze jazzistiche più o meno marcate.

Quello che sto imparando a non amare è l'armonia a "pacchetti" dei trattati di jazz. Mi piace pensare all' armonia come una scienza in cui il processo attraverso in cui si arriva ad un risultato è stimolante quanto il risultato.

Probabilmente l'odio di quei musicisti di cui tu parli è indirizzato, più che verso l'armonia classica, verso una didattica un po' superata e verso programmi che ti obbligano a studiare una materia in un modo che non ha più nessuna applicazione pratica o quasi....non è un mistero che i programmi dei Conservatori abbiano bisogno di una "ritoccatina" ma siamo sicuri che poi la cura sia migliore della malattia?  

Trovi che per un bassista, il cui ruolo è spesso "limitato" alla funzione ritmica, anche se rimane comunque il cardine dell'armonia, l'arrangiamento di un brano sia una sfida maggiore di quella che può essere, per esempio, per un pianista? Dando per scontato una preparazione musicale che ti consenta di farlo, chiaramente, ho notato che i bassisti hanno comunque una "forma mentis" diversa dai pianisti. Trovi che sia più difficile affrontare l'arrangiamento del pezzo o, anzi, pensi che il fatto di essere abituati a vivere e far vivere la musica "dalle sue basi" (ritmo e armonia), faciliti il compito? 

Credo che sia un compito difficile arrangiare un brano senza rovinarlo, indifferentemente dallo strumento che suoni. Debbo dirti che da quando ho imparato ad usare (bada bene non "suonare") il piano per scrivere, la qualità della mia musica è migliorata molto anche se, al contrario, può succedere che la manualità abbia la meglio sulla creatività.

Sicuramente i bassisti hanno delle caratteristiche diverse dai pianisti nella scrittura però debbo dire che i migliori suonano anche un po' il piano.

La vera differenza che io ho trovato nella mia esperienza personale è che io, rispetto ad un pianista, devo usare di più l'immaginazione vista l'impossibilità tecnica di eseguire le varie parti assegnate all'orchestra.

Non che per un pianista sia facile ma per me è impossibile. Conto molto sulla mia immaginazione.  

Dal momento che il tuo bellissimo CD omaggio a Jaco Pastorius è un tributo a uno degli ultimi innovatori sul basso elettrico, e soprattutto ospita un altro grossissimo innovatore, quale Michael Manring, dove pensi che si stia dirigendo il basso elettrico, oggi?

Fra le accordature aperte di Manring e gli assurdi ostinato in tapping di Les Claypool, giusto per citare un paio di nomi, cosa pensi ci sia ancora da dire sullo strumento?

Conosci qualche altro innovatore sul basso, attualmente? 

Credo che i nomi siano quelli che tutti conoscono. Francamente non conosco molto bene il lavoro di Claypool mentre quello che penso di Michael è il meglio possibile.

Credo che lui e Miller siano, in maniera diversa, i veri eredi di Jaco proprio perché sono i più lontani dal suo suono e quindi altamente personali anche se l'influenza del maestro è inevitabile: sarebbe come suonare BeBop e pretendere di non "suonare" Parker.

Comunque Michael è incredibile... l'energia che trasmette nei suoi show è pazzesca; lui è un’intera orchestra da solo e non sto parlando solo dell'uso della polifonia, che è esagerato, ma dell'impatto sonoro. Non ho visto nessuno mai usare così tante tecniche differenti senza scadere nel circense tranne lui.... È sempre al servizio della musica.

Ed oltre a questo è una persona di rara intelligenza ma ancora più rara generosità modestia e bontà. E' un grande onore per me essere suo amico. 

La rilettura dei brani di Pastorius, che proponi nel tuo CD, passa dalle citazioni più genuine ai riarrangiamenti più radicali. Nella rilettura di Havona tu stesso spieghi come il pezzo stesso abbia comportato una sorta di “unica strada possibile” per giungere all'arrangiamento finale, mentre su Continuum parti con una citazione molto “onesta” per poi lasciare più spazio ad interventi personali, e tornare poi al tema di partenza. Hai cercato di volta in volta di affrontare un brano basandoti esclusivamente su una tua idea di partenza che già avevi in testa, adattando l'arrangiamento fino a ottenere ciò che sentivi, o hai lasciato che le caratteristiche intrinseche del brano dettassero la strada da seguire? 

La direttiva primaria era che si trattasse di musica il più possibile “mia” ma ispirata dalla musica del Maestro.

In realtà si tratta di interpretazioni del materiale proposto da Jaco dove per materiale non intendo solo i brani.

Mi sono posto dei limiti precisi, non ho operato frammentazioni o modifiche alle melodie originali, volevo che il brano arrangiato fosse comunque riconoscibile perché credo che quella musica non avesse bisogno di essere “corretta”, era perfetta così come Pastorius l'aveva pensata.

Nello stesso tempo volevo produrre un’opera che fosse “frutto del mio ingegno” (come cita il regolamento SIAE) e che sentissi mia a tutti gli effetti per cui ho spostato la mia attenzione sul lato armonico e timbrico. Se ci fai caso ho cercato di avere molto rispetto per il brano originale e mi sono appropriato maggiormente dei brani “standard”. Modificare armonie come quelle di “Three views…” vuol dire rovinare la perfezione e anche quando un brano originale veniva modificato pesantemente (come in”Continuum”) la versione originale era citata in apertura di brano.

Tutto il cd è giocato un po’ tra la citazione e l’“invenzione”; più che aggiungere idee rischiando di snaturare il progetto le idee vengono reinterpretate.

Questo avviene sia quando il solo di “Havona” viene riproposto dai fiati ma anche, in un ottica di architettura dell'intero cd, con la presentazione, come brano di apertura di “Donna Lee” eseguita da Michael Manring e da me citando apertamente la versione di Jaco (vedi il tema finale in E major) ma creandone una differente per spirito e humour. Il cd finisce con Jaco che suona il piano nello stesso modo in cui il primo disco di Pastorius termina con un brano in piano solo suonato da Herbie Hanckock. In questo modo tutto il disco echeggia l’opera di Jaco. 

Sempre parlando di Jaco Pastorius, è famosa la sua frase "io so da dove ho rubato ogni singola nota". L'importanza delle fonti di ispirazione, per un musicista, è ovvia, ma il saperle gestire è un altro paio di maniche. Come pensi che possa fare un giovane musicista a trovare il giusto bilanciamento fra l'imitazione di un artista a cui s’ispira, e lo sviluppo della propria individualità, nell'esprimersi attraverso lo strumento?

E come cerchi di trasmettere il tutto ai tuoi studenti? 

Didatticamente quello che cerco di fare io è "citare le mie fonti".

Ogni volta che insegno qualcosa cerco di darne una spiegazione logica per stimolare la convinzione necessaria ad alimentare lo studio e la ricerca, questo nel caso stia spiegando mie soluzioni, altrimenti, facendo notare la varietà delle fonti di riferimento testimonio non solo la funzionalità di una nozione ma anche il modo in cui la utilizzano altri musicisti.

Bisogna dire che molto spesso non si tratta di bassisti per cui .... Può succedere che l'imitazione di Michael Brecker possa portare già da sola ad evitare di suonare come quel bassista o quell'altro viste le differenze di approccio. Spesso i limiti di uno strumento sono la forza di un altro e la chiave per il superamento dei propri limiti. 

Quando parli di “citare le tue fonti” non posso fare a meno di notare che per esempio, all’inizio del solo di basso su Havona tu citi Miles Davis (“Four”), poi porti l’esempio di Michael Brecker come altra fonte; una cosa che ho spesso notato è che i fiati sono fra gli strumenti a cui si attinge di più per ampliare gli orizzonti del nostro strumento. Pensi che sia semplicemente per una “storia solistica” più antica rispetto a quella del basso (e anche del contrabbasso, in fondo) o è proprio perché essendo strumenti con ruoli così diversi sia inevitabile trovarci approcci nuovi e stimolanti? 

Devo dire che quando ho suonato il solo di Havona e mi sono reso conto della citazione di cui parli non ero contentissimo perché mi sembrava un po’ fuori contesto. Subito dopo ho pensato che Jaco, nel suo solo, citava apertamente “La sagra della Primavera” Stravinsky e mi sono rilassato poiché anche questo solo in qualche modo era risultato filologico.

Credo che quella di attingere a più fonti (Coltrane, Hendrix, Beatles, Bach, Marley, la musica caraibica ecc…) sia una delle doti maggiori di Pastorius. Da uno come lui non sapevi mai cosa aspettarti vista la varietà di stili che “colorava” la sua musica. Questa caratteristica è, in fondo tipica del Jazz, rubare a tutte le musiche più o meno confinanti e appropriarsi delle caratteristiche principali di queste musiche… anche se è un’abitudine che, a mio parere, si sta un po' smarrendo a favore di una cristallizzazione del linguaggio jazzistico.

Per quello che riguarda Brecker, è uno dei miei musicisti preferiti e trovo che solisticamente sia uno dei più avanzati solisti moderni. Attingere da lui vuol dire necessariamente arricchire il proprio bagaglio tecnico e armonico sullo strumento.

Credo che ogni strumento abbia dei limiti a cui tendere, ma credo anche che i limiti di uno strumento possano spesso rappresentare la forza di un altro strumento… attingere da materiali proposti da altri bassisti sicuramente è educativo ma ispirarsi ad altri strumenti amplia la tavolozza di colori espressivi e ed aiuta a personalizzare il proprio stile così come aiuta ispirarsi alla voce.

Mi gira spesso in testa una frase riguardo la definizione di Jazz, e di cui non ricordo la paternità, che recita pressappoco così: “Il Jazz è quella musica in cui la voce imita gli strumenti e tutti gli strumenti imitano la voce”.

In conclusione non mi sento di escludere nessuna delle due ipotesi da te proposte, anzi le sposerei ambedue, in fondo la musica è un arte dove credo che la cosa migliore sia non buttare via niente delle esperienze passate tutto può tornare utile. 

Massimo Moriconi, in uno dei suoi metodi didattici, afferma giustamente che spesso si modellano i propri gusti sui propri limiti, consigliando quindi una padronanza tecnica più ampia possibile, per sfruttare al massimo il proprio strumento. È anche vero che se uno non ha nulla da dire ma è bravo a dirlo, prima o poi stufa; come pensi che si possa evitare di cadere nella trappola della tecnica fine a se stessa? 

E' difficile dirlo... è tutto talmente soggettivo. La "tecnica" è una disciplina così complessa.

Spesso si accomuna alla velocità di esecuzione ma si tratta di un malinteso causato dalla superficialità.

La tecnica la vedo più legata all'emissione del suono in contrapposizione con la destrezza, cioè l'abilità nell'eseguire passaggi di "bravura" (come si dice in gergo "classico").

Da Jaco in poi il basso è diventato uno strumento da virtuosi, è come se il mondo dei bassisti si fosse risvegliato urlando: "Esistiamo anche noi". Non è più stato possibile pensare al basso nello stesso modo.

Però è pur vero che Jaco non era solo destrezza, era un fior di musicista e i suoi "cantabili" sono ancora oggi inimitabili (grazie alla sua tecnica). Tutti i bassisti sanno suonare "Teen town" ma se provano a suonare "a Remark you made" la differenza si sente subito.... Per non parlare di quelli che sanno suonare il tema di "Donna Lee" ma non sanno accompagnarla con una walkin'line decente.

Penso che la trappola di cui parli si eviti cercando di non dimenticare che strumento si sta suonando e soprattutto perché. A cosa serve il basso e quali sono le caratteristiche che gli altri strumentisti cercano dal bassista.

La maggior parte dei miei allievi si presenta in classe con il pollice in alto chiedendomi di imparare lo slap e alcuni impazziscono per imparare le suite per violoncello con il tapping ma poi non riescono ad accompagnare un blues in Fa.Non vogliono essere dei bassisti.

Per esperienza posso dirti che queste cose si imparano poi nel modo peggiore sbattendo i denti e subendo licenziamenti vari finche non si impara che il basso non è una chitarra accordata un ottava sotto. 

Dal momento che sei attivo sia sul basso elettrico che sul contrabbasso, trovi che i due strumenti ricoprano due ruoli che, seppur simili, rimangano distinti, data la loro diversa sonorità e approccio, o hai scoperto una infuenza dell'uno verso l'altro, nel modo di suonarli? 

Studiare il contrabbasso mi ha dato una coscienza tecnica e musicale che il basso elettrico non mi aveva dato. Ho imparato a studiare per ottimizzare il tempo su uno strumento che odiavo perché mi teneva lontano dal mio vero amore: il basso elettrico.

Ho imparato ad ascoltare musica che non apparteneva alla letteratura dello strumento elettrico.Ho imparato che, tolta la batteria, avevo degli insospettati problemi a far capire la pulsazione ritmica. Mi sono scontrato con dei limiti che da ragazzino non riuscivo a vedere a causa di uno strumento che forse non mi metteva alla prova o di una superficialità dovuta alla giovane età.

Più limiti scoprivo più dovevo lavorare per risolverli. E in più il contrabbasso non mi permetteva di "volare", dovevo "camminare". Questo però mi ha costretto a pensare alla musica e non allo strumento, a non far camminare le mani se prima la testa non aveva comunicato la sua idea.

Ora che mi sono innamorato anche del contrabbasso, pensando solo alla musica, posso scegliere di volta in volta il timbro più soddisfacente per la musica che voglio fare; è un po' come fanno i trombettisti quando scelgono una sordina, con la differenza che quattro sordine sono molto più leggere di quattro bassi. E' un po' seccante dover ogni volta spiegare a tutti quelli che mi dicono "..sai io preferisco il contrabbasso" che non è un problema mio ma loro.... Che dovrei fare buttare via uno strumento? 

La formazione in duo con la cantante Diana Torto, con la collaborazione di due sassofonisti e un violoncellista, non è esattamente quello che si potrebbe definire una "formazione tipo" di un gruppo musicale. Come affronti, dal punto di vista bassistico ma anche di arrangiamento, queste situazioni un po' anomale? 

Stessa soluzione....timbricamente. Il mio incubo personale è che la gente si addormenti ad un mio concerto.(in fondo succede a musicisti migliori di me).

Credo che si debba sempre cercare di vincere la noia inserendo sempre qualcosa di nuovo nella musica sfruttando tutti i parametri possibili, il ritmo, l'armonia, il timbro, la dinamica la forma e le loro varie combinazioni. Tutti gli strumenti dell'organico (quasi mai impegnati tutti insieme) vengono usati in ruoli che non sono i soliti.... Imitando gli strumenti mancanti.

Se cerchi la chitarra la puoi trovare nel violoncello pizzicato, se la vuoi distorta infilo un pezzo di carta tra le corde del contrabbasso e voilà, se vuoi le tabla usi le chiavi del soprano, se vuoi le spazzole sul rullante usi l'ancia e così via o strofini la mano destra sulla cassa mentre la sinistra suona le fondamentali. In questo modo arrangiare le parti diventa come avere a disposizione una intera orchestra. Al contrario le prime volte che avevo una orchestra a disposizione, facevo suonare sempre tutti avendo cosi un solo suono a disposizione.Ho imparato molto lavorando con piccoli organici cercando sempre un suono "orchestrale" mi ha insegnato che per esempio in un’orchestra di fiati puoi avere a disposizione 20 cantanti indifferentemente da quale strumento suonino. 

Ho notato che sei un fedele utilizzatore di bassi e amplificatori tutti italiani, è il frutto di una lunga ricerca o ho hai avuto un occhio di riguardo verso le marche nostrane? 

In realtà sono loro ad aver avuto un occhio di riguardo per me....

Collaboro stabilmente e da anni con le ditte Laurus, Mari e MarkBass... ma non lo farei se non mi dessero quello che cerco.

In generale mi tengo abbastanza lontano dal "mercato" e dai negozi di strumenti musicali, ma questo avviene anche perché, avendo stretti contatti con questi produttori, posso fare sempre presenti le mie esigenze ed avere una soluzione in breve tempo.

Particolare è il rapporto con "MarkBass" poiché è iniziato quando il loro Ampli era solo una scatola grigia con delle manopolone nere. La maggior parte dei test dei primi anni di lavoro sono stati fatti con il mio basso ed è inevitabile che sia per me il miglior ampli in circolazione.

 

Potete visitare il sito di Maurizio Rolli presso: http://www.mauriziorolli.com

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Alessandro Arcuri

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Last modified: June 16, 2009