Global Bass Online                                                                                  March  2001

Home Up Outline March. 2001 Contents Search Discuss this issue

Alain Caron in Italian

 

Up
GlobalBass.com
Global Bass Station
Global Bass Search
Global Bass Archives
Advertise on GB

 

 con Warren Murchie, tradotto da Alessandro Arcuri

“Chiamatemi Al”

 

A metà fra il mondo del contrabbasso e del basso elettrico si trova il mondo del basso senza tasti. Molti dei capaci bassisti che usano il basso coi tasti non si sono mai cimentati ne mai si cimenteranno col fretless. è una disciplina esatta e che non perdona, che richiede un’assoluta padronanza e conoscenza della tastiera. Col basso coi tasti c’è quella distanza fra i due tasti che ti perdona; suona in qualsiasi punto fra i due tasti e potrai essere sicuro di uscire con una nota presentabile. Col fretless, invece, anche la metà della dimensione del tuo più piccolo dito è più che sufficiente per sbagliare mira.

Ci sono quelli che però sembrano capaci di danzare per quella liscia tastiera come acrobati sul filo, sfornando cascate di note con un’intonazione perfetta. Pensiamo ai nomi come Gary Willis, Jaco Pastorius, Michael Manring ed ovviamente arriva anche il nome di Alain Caron.

Unite quest’abilità col fatto che Alain suona un sei corde senza segnaposizione sulla tastiera o a lato di essa, scegliendo questo stile, un ibrido avanzato fra jazz e rock, e la mente vacilla. Quando si dice l’estremo lavoro d’equilibrio!

L’articolo di copertina di questo mese da un’occhiata al gentiluomo che è stato chiamato il miglior suonatore di fretless vivente. Guardiamo i suoi modesti inizi, in cui entra per caso nel mondo del basso, continuiamo verso il suo decennio coi giganti del jazz, gli UZEB, fino ai suoi ultimi quattro dischi da solista, col suo più recente “Call me Al”

 

Global Bass: Inizieremo chiedendoti del titolo, “Call me Al”, che sembra un’amichevole maniera di mettere la gente a proprio agio.

Alain Caron: Beh, lo è... per gli ultimi vent’anni, più o meno, ho viaggiato lontano dal Quebec, ho avuto spesso a che fare con gente non francofona. Germania, Italia, Giappone, qualsiasi posto. Ho capito che questo nome era un po’ difficile da pronunciare.

 

GB: La traduzione inglese di Alain è Allen?

Al: Esattamente. Così ho cominciato a dire alle persone che facevano fatica a pronunciare il mio nome “chiamatemi Al e andrà benissimo”.

 

GB: Un sacco di adolescenti maschi iniziano a suonare per incontrare le ragazze, ma ciò di solito non avviene prima di quindici o sedici anni d’età. Tu hai cominciato alla ben più verde età di undici anni. Qual’è stata la spinta, ad una così precoce età?

Al: In realtà ho cominciato con la chitarra a circa sei anni, poi a circa nove ho chiesto ai miei genitori se potevo suonare la batteria. Me ne hanno comprata una ed ho cominciato a picchiarci su un po’. Ovviamente facevo un sacco di casino, in casa! Stavo ancora cantando e suonando la chitarra, quando un concorso è stato presentato nella cittadina dove vivevo. L’ho vinto e la band di supprto mi ha chiesto di unirmi a loro per suonare un paio di sere a settimana. Era un trio con un tastierista che suonava il basso con la tastiera ed un batterista. In realtà era un duo più un cantante. Mi hanno chiesto di unirmi come chitarrista. Il loro tastierista era un ex-bassista, aveva un magnifico Fender Jazz Bass e su un paio di pezzi voleva suonare la fisarmonica. Mi ha insegnato a suonare il basso in quel paio di pezzi. Quindi, durante l’estate, una delle mie sorelle stava suonando in una band più professionale ed il suo bassista se ne andò, perciò mi dissero: “OK, sarai il suo sostituto per l’estate”. All’arrivo dell’autunno chiesi ai miei genitori se potevo rimanere col gruppo ed andare in tour. Avevo quattordici anni.

 

GB: E ti hanno detto di si?!?

Al: Hanno detto di si.

 

GB: So che in Quebec i bar stanno aperti fino a tardi, tuttavia, come fa un quattordicenne ad entrarci? Sono sorpreso che i tuoi genitori ti abbiano dato l’OK.

Al: Beh, ero molto responsabile per la mia età, i miei genitori sono grandi persone e gli feci capire che avrei voluto suonare per il resto della mia vita. L’unica possibilità per farlo era lasciarmi andare. Comunque ero molto serio in proposito. Voglio dire, mi divertivo e me la ridevo tutto il tempo, non ero uno sfigato che stava seduto in cantina tutto il giorno, ero molto socievole; d’altra parte ero molto organizzato con la musica. Sapevo cosa volevo fare.

 

GB: Il basso che ti ha prestato il tastierista aveva i tasti?

Al: Si, era un bellissimo Jazz Bass del ’60 o del ’59, molto bello. Lo volevo avere tutto per me ma finì rubato. Terribile.

 

GB: Forse ti può consolare che probabilmente ora il basso è stato dato a qualche musicista e non ad un semplice ladro, ed ora può essere nell mani di qualcuno che nemmeno sa che è stato rubato.

Al: Esattamente, probabilmente è nella cantina di qualcuno.

 

GB: Allora, cosa ti ha spinto al basso senza tasti?

 

Al: In realtà quando cominciai con quel gruppo, a quattordici anni, un bassista mi vendette un basso fretless Lancer. Credo fosse fatto in Giappone ma non sono sicuro.

 

GB: Aveva i segnaposizione?

Al: No, aveva una tastiera di ebano ed un manico piccolo ed arrotondato. L’ho suonato e mi è molto piaciuto, ma mi sono sempre tenuto anche il Fender coi tasti. Ovviamente dopo l’arrivo di Jaco e le sue modifiche al basso Fender, anch’io modificai il mio.

 

GB: A quel punto così iniziale della tua carriera non trovavi le esigenze di un fretless piuttosto intimidanti?

Al: No, perchè ho cominciato ad ascoltare i contrabbassisti come Ray Brown quando avevo quattordici anni. Per me era la cosa più vicina al contrabbasso, era già uno strumento a sè stante. Le stesse funzioni ma due voci diverse. è simile al violoncello, a parte per l’arco, col quale puoi eseguire un crescendo, cosa che invece non puoi fare sul basso per via del pizzicato.

A parte ciò tutti gli altri parametri d’espressione ci sono. Per me il basso fretless è molto più espressivo di quello coi tasti.

 

GB: Hai incontrato Michael Cusson nel 1977. Era già in un gruppo?

Al: Suonavano ogni lunedì sera in un club in città, così andai a vederli. Jean St. Jaques allora era alla batteria, ed era incredibile! Mi piaceva un sacco come suonava perciò gli dissi che avrei voluto suonare con loro. “Siete nelle mie mire perchè suonate gli standard ma siete anche aperti a nuovi stili, come Miles Davis, i Weather Report, Chick Corea” Jazzisti, ma con un suono rock.

 

GB: C’era già gente che ti stava a guardare? Attiravi già, a quell’età, l’attenzione delle persone, dicendo che avevi qualcosa di speciale?

Al: Si, me l’hanno sempre detto. Sai, è strano, quando giravo col gruppo da Top 40, tutti mi dicevano “sei pazzo, ti eserciti TUTTO il tempo! Sei troppo bravo per questo genere di musica. Smetti di esercitarti e vieni a farti una birra con noi!”, Io continuavo a dirgli di no, perchè non volevo passare la mia vita in un gruppo da Top 40, volevo già suonare jazz e suonare in studio. Come ho già detto ero molto serio, avevo bene in mente dove volevo arrivare. Volevo viaggiare il mondo, suonando la mia musica.

 

GB: Il Quebec ha molte superstar, artisti dal successo femomenale localmente, ma quasi sconosciuti al di fuori di tale provicia. In ogni caso gli UZEB, e tu da solo, siete riusciti ad oltrepassare tale barriera. Sei considerato molto seriamente non solo in Canada, ma anche in tutto il mondo.

Al: Dato che non avevamo testi usavamo un linguaggio internazionale (quello della musica). Per gli artisti del Quebec la barriera è la lingua. Non voglio parlare di politica ma il Quebec è un isola del Nord America, è come una terra isolata.

 

GB: Però hai assolutamente ragione quando dici che la musica è un linguaggio internazionale.

Al: Esatto. Sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stata dura; avremmo raggiunto una minore percentuale degli ascoltatori radio e TV, perciò ci avremmo messo di più ad arrivare dove volevamo; però sapevamo che avevamo le potenzialità, per diventare una band internazionale. Perciò fin dall’inizio abbiamo deciso di confrontare il nostro livello musicale su un piano internazionale, non solo nazionale. è molto diverso.

Provenendo da una piccola città, anche in Quebec, può diventare un grande in poco tempo, ma non necessariamente ad un livello internazionale. Noi ci siamo sempre confrontati, in termini di sonorità e modo di suonare, agli altri gruppi di tutto il mondo.

 

GB: Sarebbe terribile essere una star nel proprio paese e poi spostarsi all’estero per scoprire che non potresti mai farcela.

Al: Ecco perchè allora rimanemmo molto umili, ed io lo sono tuttora. Su scala mondiale il livello è piuttosto alto.

 

GB: Quando ti chiamano “il bassista più forte”, ti senti a disagio?

Al: Beh, non è una gara. Non è come lo sport, non stai correndo. Puoi affermare tecnicamente questo o quello, ma alla fine è questione di gusti. Come in poesia. Non si può essere il miglior poeta del mondo, non puoi dirlo; tuttavia puoi essere il migliore per una persona o per un gruppo di persone. Jaco Pastorius era considerato il miglior bassista del mondo, ciononostante ho conosciuto diversi musicisti a cui non piaceva come suonava.

Finchè una sola persona ti dice che sei il migliore, lo sei. Per lui. Può essere molto incoraggiante.

 

GB: Dieci album durante la vita degli UZEB, lungo un periodo di dieci anni; è un bel lavoro! A questo punto la fine del gruppo è stato un naturale processo di rallentamento della “macchina”?

 

Al: Sentivamo, specialmente Michael ed io, che se volevamo evolverci individualmente dovevamo farlo da soli. Gli UZEB erano un grande gruppo, ma un gran gruppo vuol dire anche concessioni; se avessimo voluto scrivere un pezzo insieme, avremmo dovuto, ad un certo punto, metterci d’accordo su che accordo usare.

Abbiamo imparato così tanto con quel gruppo, anche a livello di missaggio; dovevamo sempre essere d’accordo, il che era un bene, era la ragione principale della nostra sonorità. Proprio per i consensi all’interno della band.

Michael è un compositore ed un musicista incredibile, ad un certo punto ha sentito, ed io pure, che dovevamo essere noi stessi al 100%. Da soli.

è stata la decisione più difficile, perchè gli UZEB erano all’apice del successo, però d’altro canto non è stata dura, dal momento che sapevamo di avere tanto tempo di fronte a noi per suonare individualmente.

 

GB: Ti capita mai di ricevere pressioni da qualcuno per riformare il gruppo o fare una tourneè di riunione?

Al: Ogni ora! (Ride) Sempre. Ci offrono un sacco di soldi per farlo, ma abbiamo deciso di no, perchè vogliamo svilupparci ed essere riconosciuti individualmente. So che ci vorrà molto tempo, e ora ci stiamo arrivando.

 

GB: E non si può mai sapere cosa potrà riservare il futuro. Chissà cosa potrai decidere di fare fra dieci o quindici anni? E anche allora lo farai solo per il piacere di farlo.

Al: Non è impossibile, non abbiamo chiuso la porta. L’ultimo concerto che abbiamo fatto è stato nel 1992.

 

GB: Passando al tuo equipaggiamento che usi per ottenere il tuo tipico suono, tu hai venti bassi, è vero? (Alan è un attivo portavoce e testimonial dei bassi F - i bassi Furlanetto di Hamilton, Canada. Costruiscono bellissimi bassi di livello mondiale)

Al: Ahhh... più o meno, a volte. è così tanto che uso i bassi F che George (Furlanetto), mi continua a costruire strumenti, continua a mandarmene sempre di nuove versioni con nuovi dettagli, così ho finito per averne parecchi.

 

GB: Sembra che tu e George abbiate creato il perfetto contratto di sponsorizzazione, dato che quando si pensa ad Alain Caron si pensa a Furlanetto. Non vivo distante da dove li costruiscono e quando li vedo nei negozi mi viene in mente il tuo nome. è la perfetta simbiosi tra artista e strumento.

Al: In realtà dieci minuti fa ero al telefono con George, pianificando alcune cose. Abbiamo decisamente il miglior contratto. Ho sempre voluto rimanere con loro per via di questo carattere che abbiamo sviluppato. è strano trovare un liutaio che sia d’accordo con te perfino sul suono finale! Ciò che a me piace nel suono, piace anche a George. Siamo come cresciuti assieme. Abbiamo sviluppato il nostro orecchio e la nostra conoscenza assieme, sempre nella stessa direzione e con lo stesso percorso.

 

GB: Come vi siete incontrati, in origine?

Al: è venuto a Montreal, mi ha chiamato e mi ha detto di avere un bello strumento per me. L’ho provato e gli ho detto di si, dicendogli però anche cosa non mi piaceva. Lui ha detto “oh, non me n’ero accorto, però hai ragione”. Sono più o meno quattordici anni che funziona così.

 

GB: Ti hanno mai fatto qualcosa di speciale, per esempio per i pickup?

Al: Mio Dio, si! Non so neppure quante versioni diverse di pickup abbiamo provato. Ora stiamo lavorando con la Seymour Duncan e credo che rappresenterò i loro pickup. Ho lavorato con George e coi tecnici della Seymour Duncan negli ultimi quattro anni. Quindi c’è l’opzione dei pickup di George e di quelli della Seymour Duncan, però George tenderà ad usare sempre più questi ultimi, perchè non ha tempo di avvolgere manualmente i suoi.

 

GB: Molti dei video dei tuoi concerti mostrano che suoni un basso F con un pickup MIDI attaccato. è lo Yamaha B1-D?

Al: Si, è quello che uso ora, anche se non lo utilizzo più dal vivo, però ce l’ho in sudio.

 

GB: Perchè non lo usi più dal vivo?

Al: Perche dopo gli UZEB ho voluto concentrarmi di più sul basso. Il sei corde senza tasti. Come prima cosa ho voluto sviluppare due sonorità, il senza tasti ed il piccolo bass. E anche un contrabbasso a sei corde. Sono anni che ci lavoro...

 

GB: Chi te lo costruirà?

Al: è già fatto. Ce l’avrò in un paio di mesi, è costruito dalla Boosey & Hawkes. Ora è allo stadio dei ritocchi; è molto eccitante, il tutto.

 

GB: Tornando a quando usavi il pickup B1-D, sembra che preferissi i suoni tipo flauto o corno...

Al: Si, per via della codifica. Quel tipo di onda è più facile da codificare.

 

GB: Ed il pickup riusciva a funzionare col fretless, in generale?

Al: Si, e avevo anche il Peavey Midibass.

 

GB: Si, sembrava che fossero esplosi e poi sono spariti!

Al: Perchè non ne vendevano. Be ho avuto uno per cinque anni e mi sembrava un gran basso, però hanno deciso di smettere di costruirli perchè non ne vendevano abbastanza.

 

GB: Pensi fosse per via della tecnologia?

Al: No, era una buona tecnologia, però la Peavey vende così tante chitarre ed amplificatori, è una grossa compagnia e quella divisione stava perdendo denaro.

 

GB: Su “Call me Al” non hai proprio usato il MIDI? A volte mi è sembrato che lo usassi, ma quando ho dato un’occhiata alle dimensioni della band che hai utilizzato ho pensato, chi se ne importa? Con diciassette persone non c’è bisogno del basso MIDI, hai già tutto là!

Al: Esatto. Questo disco è stato registrato con l’idea di una piccola big band, più acustica possibile; volevo i veri fiati, il vero piano; però scrivendo e registrando il demo ho usato il basso MIDI.

 

GB: C’è una stupenda cantante R&B a Toronto, di nome Liz Tansey. Quando il suo album “What I want” è uscito sono andato a vederla dal vivo ed era chiaro che per ottenere quel gran suono del disco avesse dovuto usare una band molto grossa. Nonostante l’eccellente debutto dell’album era troppo costoso portare in giro una band così grossa per promuoverlo.

Al: Si, la conosco ed ho lo stesso problema, non ti preoccupare. Non posso girare con una sezione fiati, dovrò usare una tastiera.

 

GB: è un peccato, vero? E non puoi che sentirti in colpa per i fiati, perchè sanno che saranno i primi ad essere lasciati casa quando si tratterà di ridurre le spese.

Al: Giustissimo.

 

GB: Tu hai a lungo rappresentato le corde La Bella.

Al: Da un sacco di tempo.

 

GB: perchè le La Bella, contro le centinaia di altre marche disponibili?

Al: Quando ho cominciato a suonare il sei corde non c’era disponibilità di corde del Si grave. Casualmente ho incontrato il distributore delle La Bella qui nel Quebec che mi ha detto che poteva darmi il numero diretto e che mi avrebbero costruito esattamente ciò che volevo. Perciò è cominciata così. Avrebbe potuto benissimo essere un’altra compagnia. Io li ho chiamati e ho detto loro che mi sarebbe piaciuto che mi costruissero un Si grave. Mi hanno spedito un paio di campioni, chiedendomi se volevo rappresentarle. A me sono piaciute, ma ne abbiamo sviluppate diverse, e ancora lo stiamo facendo.

 

GB: Per cui non fai pubblicità a delle corde solo perchè così ricevi i campioni gratuiti. Lo stesso coi bassi F, sei coinvolto attivamente nello sviluppo del prodotto. Tu aiuti loro e loro aiutano te.

Al: Si, non voglio e non ho bisogno di corde gratis. Ho lo stesso rapporto con gli amplificatori Eden. Uso il loro preamplificatore Navigator. Non so quante casse David Nordshow, il proprietario della compagnia, mi ha già mandato da provare. Io continuo a dirgli “No, questa non va bene, questa va bene, questa è anche meglio”; quando ha disegnato il preamplificatore Navigator mi ha chiesto una lista delle cose che ci avrei voluto, per cui questa è decisamente la compagnia con cui voglio lavorare.

Farò anche un sacco di cose con la Roland; sono anni che ci lavoro, facendo seminari, ma soprattutto sviluppando nuovi prodotti per il basso. Sarà molto interessante ma ora come ora non posso dire di più.

Sul mio ultimo disco ho usato un loro banco digitale, era incredibile. è un 24-Bit con effetti incorporati, il convertitore analogico/digitale ha un suono incredibile, è caldo e ricco, veramente incredibile. Ce l’ho proprio ora nel mio studio!

 

GB: Diresti di avere un’orecchio molto critico ed un preciso senso di cosa suona bene e cosa no?

Al: Non lo so, ma so che riesco a distinguere le frequenze. Quando David (Eden) mi chiama e mi manda una cassa, posso dirgli se c’è troppo di questo o quello, se c’è risonanza in una certa area o se un tweeter è differente.

 

GB: Sul lungo periodo, comunque, avere uno come te sul campo, ma con un gran orecchio è una benedizione. Puoi far risparmiare alla compagnia migliaia di dollari nel costruire una cassa che può avere una risonanza simpatica o un “ululato. Devono saperlo.

Al: Ecco perchè vogliono che lavori con loro, e d’altra parte è il motivo perchè voglio lavorare con loro.

 

GB: è bello essere presi sul serio e rispettati, eh?

Al: Non puoi chiedere che ti rispettino, deve venire spontaneo. Se devi chiederlo, se devi dire ad una persona che deve rispettarti è probabilmente già troppo tardi.

 

GB: Il pezzo dell’ultimo album chiamato “The F file” è un gioco di parole sugli “X-files” o è un riferimento al tuo amore per i bassi Furlanetto?

Al: No è una scemata. Veramente l’avevo nominato pensando agli X-files, ma in realtà quando scrivo la musica la scrivo sul computer usando il Q-Base, usando sempre la partitura. Chiaramente quando scrivo queste cose le catalogo nei file e quel pezzo era nei Funk Files. Ed ecco il F File.

 

GB: Hai mai avuto problemi nel cercare di usare la tecnica slap col basso fretless?

Al: Non credo che col fretless suoni bene, perchè la corda colpisce una lunga e piatta superficie di legno e suona vuota e debole. Tutto lo slap che faccio è eseguito su un basso coi tasti.

 

GB: Hai mai pensato di avventurarti oltre il sei corde, magari con un sette o altre configurazioni?

Al: No, non credo faccia per me, a questo punto. Mi ci è voluto così tanto per essere a mio agio sul sei corde che preferirei sviluppare le mie abilità di compositore.

 

GB: E perchè il sei corde, allora?

Al: Sapevo di aver bisogno di più possibilità verticali e più estensione! Perchè quando Gino Vannelli entrò in scena con un basso sintetizzato mi ha fatto desiderare di poter raggiungere lo stesso Si grave.

Volevo avere accesso a quell’estensione grave e dato che volevo essere anche un buon solista, volevo aver accesso alle note più acute senza suonare continuamente in fondo al manico. Già molto tempo fa sapevo di volere un sei corde.

 

GB: Ti sei mai scontrato con chitarristi dubbiosi che ti dicevano “Tu non sei un chitarrista va’ via dal mio campo!”

Al: Certo, però quando suono il basso suono il basso, e quando suono un solo suono un solo. Quando uscire allo scoperto e quando stare nello sfondo è la prima cosa che affronto nei miei seminari... “Se sei qui per imparare a fare un assolo ti mostrerò un po’ di bei trucchetti, ma prima di tutto devi apprezzare l’idea di esere un bassista”. Questa è la prima domanda che devi porti, “Voglio essere un bassista perchè il basso ha un ruolo da coprire”, cioè per dare un supporto armonico e ritmico devi esser come il padre della band, e se non vuoi coprire quel ruolo non puoi essere un bassista. è questione di capire gli arrangiamenti e la scrittura. Scrivendo capisci l’importanza del basso.

 

GB: Potrei anche chiedere la tua opinione su questo argomento. L’ho chiesto a Dann Glenn, a Chuck Rainey e a Jeff Berlin e vorrei sentire il tuo parere. Pensi che l’intavolatura abbia qualcosa da dire rispetto alla musica scritta, in termini di validità?

Al: Neanch’io l’approvo. C’è voluto molto tempo per sviluppare la scrittura musicale, per renderla internazionale, perchè parli a tutti i musicisti e perchè permetta che diversi musicisti suonino assieme. Perciò è un liguaggio internazionale e funziona. Non dovrebbe essere modificata.

 

GB: All’inizio di questa intervista abbiamo parlato del linguaggio universale della musica e di come il successo degli UZEB sia dipeso in larga maniera dal fatto che non usavate le parole; niente inglese, nè francese, quindi nessuna frontiera. La limitazione dell’intavolatura sta nell’impossibilità di essere usata dai diversi strumenti di uno stesso gruppo.

Al: Sono perfettamente d’accordo!

 

GB: In quest’ultimo album ti sei inoltrato nell’uso dei loop, un passo avventuroso; è stata la prima volta?

Al: No, negli UZEB usavamo i loop perfino negli anni 80.

 

GB: C’è un pezzo, chiamato “Secrets” in cui usi solo il contrabbasso, il piano acustico, un violoncello e una voce femminile. Questi ultimi due sono eseguiti da una giovane donna di nome Jorane. Parlaci un po’ di lei, per favore.

Al: è una gran cantante e una gran violoncellista, l’unica che conosca che sappia fare le due cose contemporaneamente! Ha fatto uscire due grandi dischi.

 

GB: Ti è mai stato chiesto di fare un duetto con qualcuno diciamo tipo Michael Manring, un altro mago del fretless?

Al: Ho fatto un disco chamato “Basse Contra Basse”, che ora è sulla mia etichetta, la Norac Records. Mi piacerebbe fare un duetto, non necessariamente con un atro basso, ora, nonostante conosca Michael e mi piaccia molto il suo stile.

 

GB: Ho ascoltato ciò che hai detto e non posso fare a meno di chiederti se pensi che il Quebec non sia forse più propenso ad allevare i suoi artisti che non il resto del Canada.

Al: Penso che siamo un po’ più organizzati. Voglio dire, guarda il Montreal Jazz Festival, il più rosso festival a cui io abbia mai partecipato. La settimana prossima devo andare a Quebec City per un evento chiamato Le Rideau, dove tutti gli organizzatori di festival si incontrano per pianificare le loro manifestazioni. Farò una dimostrazione del mio spettacolo e un tour nel Quebec. Penso sia un po’ più organizzato, tutti i festival jazz del Canada dovrebbero poter incontrarsi e magari un artista non dovrebbe farne solo uno, ma tutti. Ho provato a suonare in tutto il Canada per anni, ed è così difficile. è troppo complicato, è più facile andare in Europa. Mi ci guadagno da vivere, laggiù, perchè sai, ci vado un paio di volte all’anno per fare dei tour di un mese, e c’è un tipo di organizzazione che non vedo in Canada. Non c’è comunicazione fra Toronto e Montreal e ancor meno fra Vancouver e Montreal.!

 

 

Se non conoscete il lavoro di Alan, perchè non date un’occhiata al suo sito? L’indirizzo è alla fine dell’articolo. Provate un po’ degli esempi dal suo nuovo disco e da quelli precedenti, e se vi piacciono, e se amate tutto ciò che è senza tasti probabilmente vi piaceranno, potrete ordinare i suoi dischi direttamente dal sito.

Una discografia completa della carriera di Alain con gli UZEB e da solo, i suoi lavori con altri artisti e molte altre informazioni, insieme a molte cose interessanti si possono trovare al sito web:

AlainCaron.com

 

Le dieci uscite discografiche degli UZEB comprendono

Live in Bracknell                      ‘81

Fast Emotion                            ‘82

You Be Easy                            ‘84

Between the Lines                ‘85

Live a l’Olympia                     ’86

Absolutely Live             ’86

Noisy Nights                            ’88

Live in Europe              ‘88

UZEB Club                              ‘89

World Tour                              ‘90

 

Video

UZEB 86~90

60 rue de Lombards

Noisy Nights

UZEB Club

 

Album solisti

92/93 Il suo primo con Le Band

95 sempre con e Band

97 PLAY

2000 Call Me Al

 

Inoltre è stato ripubblicato il tour mondiale degli UZEB e il meglio degli UZEB su “Les Disques NORAC”

 

Alessandro Arcuri

 

 

                    

     Need a friend?
Shop at the World's Largest Music Gear Company!

Home ] Up ]

Copyright © 2000-2009 Global Bass Online
Last modified: June 16, 2009