Global Bass Online                                                                   January 2001

Home Up Outline Jan. 2001 Contents Search Discuss this issue

Chuck Rainey in Italian

 

Up
GlobalBass.com
Global Bass Station
Global Bass Search
Global Bass Archives

 

Un gigante fra di noi

 con Warren Murchie, tradotto da Alessandro Arcuri

Uno degli aspetti più affascinanti della natura umana, in argomento musicale, è come si reagisce alla fama ed alla fortuna, sia che si viva nel passato, deliziando gli altri con i nostri risultati, sia che si affronti il futuro, imparando da tali risultati ma ancora desiderosi di nuovi scenari e nuove frontiere. 

Chuck Rainey ha ora sessant’anni. Può voler dire qualcosa, tutto ciò? Beh, molta gente a quest’età sta cercando di rallentare il ritmo, di solito allineando tutti i propri giocattoli nel tentativo di proteggerli; invece per Chuck le cose stanno andando alla grande. Per decenni è stato il musicista di supporto su più dischi di quanti uno possa immaginare, colonne sonore, seminari, libri, video, programmi televisivi, e la lista continua; Chuck ha sempre servito gli altri. 

Ora è il suo turno. 

Con l’uscita del suo ultimo CD, Sing & Dance, ci porta quattro pezzi originali, mai registrati prima, più alcuni dei suoi brani preferiti da vari periodi, e ci mette il suo tocco particolare. Sing & Dance è arricchito dalla piacevole voce di Chuck, pulita quanto basta per comunicare il pezzo credibilmente, ma abbastanza “vera” perchè si capisca che si sta ascoltando una persona reale, e non una voce creata e processata in studio. 

Ah, e poi c’è il suo modo di suonare! Ovviamente Global Bass è un luogo di discussione per bassisti, e perciò è su come suona Chuck che noi metteremo a fuoco la nostra attenzione.

Con Sing & Dance Chuck mantiene sapientemente l’equilibrio fra contenuto e virtuosismo. La canzone è ciò che viene per prima, come è sempre stato per lui, tuttavia, intessuto attraverso tutti i pezzi, si trova uno dei più intelligenti equilibri fra passaggi difficilissimi e un basso profilo melodico, sentiti da molti anni a questa parte. Sing & Dance può dire qualcosa al musicista che c’è in ciascuno di noi e può ricordarci come il nostro compito, come bassisti, sia quello di legarci all’interno di un gruppo. Una lezione per tutti. 

Chuck è stato così gentile da passare un po’ di tempo con noi, parlando del passato, di ciò che ha imparato durante tutti questi anni, e di come abbia  usato tale conoscenza nelle situazioni dal vivo e sul disco stesso. 

Global Bass: Innanzitutto, Chuck, hai messo su un gran bel sito web!

Chuck Rainey: Ci siamo divertiti un sacco e ci stiamo ancora dietro. L’ha fatto Elliot Randall, è veramente bravo in quel campo.

GB: Non ha ancora caricato foto, ce ne saranno, in futuro?

CR: Beh, ecco cosa succede. Lui vive a Londra, in Inghilterra, e Darryl, quello che esegue le scansioni, vive in Florida; Elliot è un mio amico e non mi sta facendo pagare nulla, perciò non gli metto fretta, anche se gli ho spiegato quanto importante sia. è che ci vuole del tempo, direi, abbiamo cominciato a lavorarci verso febbraio. 

GB: E come sta andando la conta dei visitatori? 

CR: Siamo su una media di sei - settemila passaggi al mese.

GB: Ecco una domanda prevedibile: quanti anni avevi quando hai cominciato a suonare il basso? 

CR: Ho cominciato che avevo ventun’anni 

GB: Un po’ tardi come inizio, no? 

CR: 

GB:

CR:

Ero io la ritmica, solo che avevo uno stile piuttosto “staccato”, non ad accordi ma più note singole che altro. Alla fine qualcuno ha detto “Beh, andiamo a prenderti un basso!”, ed ecco come ho fatto. In realtà avevo cominciato già da prima ad accordare la mia chitarra più bassa; penso che quel gruppo abbia fatto apposta a farmi predere un basso.

GB:

CR: Quando ho cominciato col basso ero già abbastanza ferrato nella teoria, provenedo da altri strumenti. Era un’ambiente classico, leggere ed eseguire le parti era parte del gioco da quando avevo otto anni.

Quando sono passato al basso l’ho trovato semplice; era una versione più grande della chitarra. Ho imparato da solo a leggere ed a ventun’anni avevo già padronanza della divisione ritmica e cose così. Ora consiglio sempre di guardare il proprio strumento anche dal punto di vista della teoria.

GB: E ciononostante molta gente sceglie l’intavolatura. Molti temono la teoria bassistica; perchè pensi sia così? Alcuni credono che l’intavolatura sia la maniera che hanno le persone pigre di avvicinarsi alla musica.

CR: Non solo, ma non ha proprio senso. L’intavolatura non fornisce ciò che c’è in realtà, ti dice solo dove mettere le mani. Ci vuole del tempo. Se una persona impara a farlo, se impara dove vanno messe le mani, allora può imparare a leggere. Non è difficile imparare a leggere.

GB:

CR: Questo è vero. Non capisco quando la gente sceglie l’intavolatura. Difatti ogni volta che faccio qualcosa e mi viene chiesto di fornire una linea di basso in intavolatura, io rispondo che non la capisco e che non la faccio.

GB:

CR:

GB:

CR: Tutte le linee di basso stanno all’interno di una scala. Tutte le scale sono come un grafico. è come giocare a domino o a dama cinese. Crei un disegno con dei motivi. Una volta che hai creato un disegno sulla tastiera, con dei motivi, dovrebbe essere semplice per qualsiasi bassista riconoscere come suonano certe cose. Cose come le seste, le settime di dominante o maggiori; sono tutte all’interno di una scala, per cui quando cominciano con l’intavolatura non capisco perchè non si mettono invece ad imparare dove sta il “Sol” sulla tastiera.

GB: Quando hai cominciato, a ventun’anni, speravi di diventare un professionista e suonare per vivere?

CR: Per essere sincero, quando ho cominciato non vedevo un futuro come quello che mi ha portato fin qui ora. Semplicemente non credevo sarebbe stato così, però molti dei miei familiari sapevano che sarei stato un musicista. Ero sempre in qualche gruppo, qualche coro, qualche banda, o cose così. Non l’ho mai vista così, l’ho sempre vista come qualcosa che amavo fare e che tuttora amo.

GB: Perciò nessuno ha mai cercato di procurarti un lavoro “vero”.

CR:

GB:

CR: Io non metto l’accento su questa cosa, però so che ho lavorato su un sacco di dischi. Quando pensi che è dal 1967 a quando ho lasciato L.A. nel 1980, facendolo ogni giorno, le cose si sommano. Specialmente a New York stavo sempre sul treno verso la città, per fare anche tre o quattro sessions. Ogni giorno! 

GB:

CR: Inoltre un sacco di musicisti sono come chiunque altro sul pianeta. Molti se ne vanno un po’ troppo in là con le loro dichiarazioni. Qualsiasi credito io citi, ogni cosa che si trova sul mio sito e sulla mia rassegna stampa l’ho ricavata da AllMusic.com o dal sito di qualun’altro. (Andate a controllare la lista delle registrazioni di Chuck)

Ci sono così tante persone che dicono di aver lavorato in questo o quel progetto, quando in realtà non è vero. Un sacco di volte qualcuno viene coinvolto in un progetto e, dopo che ha suonato la sua parte, viene sovraincisa la linea di basso da un altro musicista. Per cui il musicista originale, se tiene il conto, può dire di aver suonato su questo o quel disco, ma non necessariamente può essere vero. Se non sei accreditato con la tua parte vuol dire che non c’eri.

Io cerco di non aver nulla a che fare con chi fa affermazioni fallaci. Chiunque può controllare le mie e vedere che è tutto riportato.

GB: nella Chuck Rainey Coalition, l’ho notato in una delle reincarnazioni del tuo gruppo attuale, opti per un organico senza chitarra. C’è il sax, la batteria, tu, ma nessuna chitarra. è una scelta consapevole?

CR: La band che ho ora e che c’è nel nuovo disco ha la chitarra; se trovi un buon chitarrista rimani come bloccato. Se trovi un buon chitarrista o sassofonista, e devono suonare anche da altre parti, si perde un po’ il senso del gruppo. Mi sono stufato dei chitarristi. Alcuni di loro erano così speciali che mi sono un po’ stufato. Io suono un sacco di parti in stile chitarristico, per cui a meno che non sia un chitarrista straordinario, non è una scelta consapevole. Ora su questo disco il produttore è un chitarrista (Rusty Burns), per cui di chitarra ce n’è, però nel jazz preferisco non usarla, in favore di due tastiere.

GB: L’album “Hangin’ out right” è stato fatto uscire nel ’99?

CR: è uscito nel settembre dell’anno prima.

GB: E quest’ultimo “Sing & Dance” nel 2000. Sono piuttosto vicini!

CR: E sono pronto per ripartire! Dovrò comunque aspettare un po’, per dare a quest’ultimo disco un po’ di slancio. é molto migliore di “Hangin’ out right”.

GB: Ho notato che tutti i pezzi dell’ultimo disco, tranne uno, sono nella tua scaletta: Perciò ascoltarsi “Sing & Dance” potrebbe essere come venire a vedere la tua band per un paio di date?

CR: Ho una scaletta piuttosto lunga, che dipende anche dal tipo di posto in cui mi trovo a suonare. Se è un concerto locale, sia che sia una Convention, una festa o “Smooth Jazz”, facciamo i pezzi col trio: basso piano e batteria. Col basso a sei corde adoro suonare le melodie; non sono particolarmente un solista, anche se mi ci dedico. In parte il mio problema è che sono stato coinvolto in così tanti progetti, nella mia carriera, che mi piacciono tutti gli stili musicali. Sul serio, il mio cuore è un po’ dappertutto. In un certo qual modo ciò è risultato sbagliato, nel caso di “Hangin’ out right”; troppa diversità fra le varie tracce, e nonostante la cosa mi piaccia, non è piaciuta ai distributori. Non sapevano cosa far suonare o in che occasione. I bei vecchi tempi in cui il disc jockey sentiva il disco e decideva lui cosa far passare, sono andati.

Con questo disco stiamo avendo un sacco di successo, nel senso che sta avendo una tale risposta che è quasi fuori controllo!

GB: Dicevi di essere già pronto per tornare in studio ad incidere il prossimo. pensi di continuare con la formula vincente di quest’ultimo?

CR: Dipende tutto da come andrà “Sing & Dance”. Se il genere di date che otterremo saranno coinvolte verso questo tipo di musica, allora lo farò di nuovo.

Però ciò che vorrei fare è una “latin jazz fusion”. Del jazz strumentale col mio sei corde, ecco cosa. Penso di aver trovato la chiave per il suo successo. Ciò che intendo per “successo” è trovare una grossa etichetta e far salire quel genere nelle classifiche jazz. Vorrei veramente fare quel tipo di musica, perchè è da li che provengo. Non sono un vero e proprio cantante, non ho cantato per anni, però più lo faccio meglio mi riesce.

GB: Beh, hai il tuo raffinato modo di suonare e il tuo modo di cantare schietto c’è tutto. La qualità “sincera” della tua voce rende l’album più accessibile e non bisogna sforzarsi di ascotarlo.

CR:

GB:

CR:

GB: Da ciò che ho letto su di te, la King Curis R & B Band è stata la tua più grossa esperienza, musicalmente parlando. è un’affermazione scelta accuratamente, questa?

CR:

GB:

CR: Beh, son sicuro che sarà anche successo, ma i veri leader non lo permettono troppo a lungo. E se devi litigare lo farai col capo. Col gruppo di Aretha, nel giro di tre o quattro anni, ci sono stati tre direttori, coi quali tutti abbiamo avuto a che fare. L’unica cosa che contrattavamo con Aretha erano i soldi, venir pagati, perciò in fondo abbiamo sempre avuto a che fare col direttore, chiunque fosse.

Qualsiasi fosse l’argomento di discussione, qualsiasi cosa succedesse, non andava ad influenzare la musica. Harry Belafonte direi che è quasi un’estensione di King Curtis, da quanto lo ammiro. Il suo show era ai massimi livelli, la musica era incredibile e veramente infuocata. Ho fatto un paio di viaggi con lui, a Las Vegas e a Tahoe, e non solo la musica era incredibile, anche lui era un tipo molto piacevole. Un vero leader, come Curitis. Aveva un sacco di fans.

GB:

CR: Era forte abbastanza per sapere esattamente ciò che voleva; sapeva sempre cosa funzionava e cosa no. Chiaramente aveva una band giovane, e i musicisti giovani finivano per provare tante piccole cose differenti, alle quali i musicisti più anziani dovevano abituarsi. Per esempio suonare ad accordi sul basso. King Curtis non sapeva esattamente come prenderlo; gli ci è voluto un po’ per abituarsi. Era qualcosa di nuovo per lui, e anche abituarsi al fatto che suonavo con le dita gli ha preso un po’ di tempo. Il bassista che c’era prima di me suonava col pollice, usandolo come un plettro. Gli ci è voluto un po’. Però non era solo risoluto su ciò che si doveva e ciò che non si doveva fare, era anche molto responsabile. Si prendeva cura dei ragazzi, come Harry, avevi sempre i tuoi soldi e lui era sempre presente, come un padre.

GB:

CR: Certo, assolutamente. Anche se lo faccio a modo mio penso di essere un buon leader, anche se non ai livelli di Harry o King Curtis. Un’altro motivo per cui cito quelle tre esperienze è perchè ogni volta che suonavamo c’era il tutto esaurito.

GB: Non c’è nulla come quella sensazione.

CR:

GB:

CR:

GB:

CR: Uh-huh, è molto facile, perchè lo faccio nel modo in cui l’ho visto fare dagli altri. Ne ho visti tanti, quando suonavo; Ray charles, Taj Mahal, Billy Preston, sono i miei preferiti, perchè hanno una enorme presenza scenica. Sono capaci di improvvisare e fare tutto ciò che devono fare.

GB: Come qualsiasi abilità l’hai sviluppata per il tuo mestiere.

CR: C’entra anche la personalità; ci sono un sacco di persone qualunque che hanno un gruppo. La musica è buona ma loro sono troppo scialbi, e a me non piace affatto.

CB: Dev’esserci passione.

CR:

GB: E c’entra anche ciò che si racconta. Alla gente piace che vengano raccontate delle storie. Anche per una band strumentale, alla gente piace la storia e l’ascolteranno.

CR:.

GB: Hai avuto difficoltà, all’inizio, passando al basso a sei corde?

CR; Si, l’ho trovato difficile. Per la cronaca ci ho messo dai sei ai sette anni, beh, forse non così tanto, però mi ci è voluto un po’ per prendere quel basso e non avere più quattro corde, sotto di me. Ancora ho problemi a leggere per il sei corde, perciò mi porto sempre dietro il quatto corde, perchè è da li che provengo. 

GB:

CR:

GB:

CR:

GB:

CR:

Inoltre un sacco di gente suona così tanto. Lo si può sempre fare. Si può esagerare con tutto. Basta che poi ti conceda un giorno in cui non utilizzi affatto quel particolare muscolo. Ora ho scoperto che se non suono per tre giorni, se nemmeno tocco il basso, ed è veramente strano, mi sembra quasi di ricominciare da capo. Con il quattro corde è una cosa, ma con due corde in più può essere terribile. Mi ritrovo a pizzicare la corda del Sol mentre sto tastando una qualche nota su quella di Re. Ed anche lo slap ad ottave. A volte manco la corda più acuta. Premo la corda ma non la pizzico con la mano destra, perciò ho come una regola: Se rimani entro una quarta od una quinta non ti puoi sbagliare. Per cui se manco un’ottava mentre faccio slap e invece faccio ottava-quinta, la quinta suona comunque bene.

GB:

CR:

GB:

CR:

GB:

CR:

GB:

CR: No, col basso coi tasti hai un margine d’errore, mentre un fretless non perdona. Devi essere perfetto!

GB: Nel guardare alla tua scaletta delle tournèe ho notato che negli anni ’60 e ’70 sei stato molto occupato, e perfino negli anni ’80 e ’90, a lavorare per altra gente. Ora, con l’inizio di questo nuovo decennio, pensi di mettere un sacco di energia nelle CHUCK RAINEY COALITION?

CR: Assolutamente, a quest’età sono particolarmente fortunato, sai. Ho un’ottima salute, ho mantenuto un certo aspetto, non dimostro affatto i miei anni. Quello che sto cercando di fare, per una volta, è di fare ciò che io voglio. Per il resto della mia carriera farò dischi ed uscirò con la mia band.

GB:

CR:

GB: Ti sei mai scontrato con quelli chiamati “odia-musicisti”?; Cioè persone competitive con quelli che riescono ad avere successo col proprio strumento?

CR:

GB:

CR: Cerco di essere gentile, perchè hanno un grosso problema. Hanno già i loro problemi e non c’è bisogno che glie ne crei altri. Ci vado piano. Annuisco e vado avanti per la mia strada. Ma gente così non viene assunta da nessuno. Nei miei seminari ne parlo un po’. Ci sono alcune Università che fanno uscire persone con un certo atteggiamento, e non è l’atteggiamento che ti porta il concerto. Molte persone pensano che l’abilità di zittire gli altri e parlare un sacco ti faccia ottenere i concerti. Non è assolutamente vero; la gente ti assume se si trova bene con te.

Quelle sono persone che non avranno mai grandi momenti nelle loro carriere.

GB:

CR:

GB:

CR:

GB:

CR: E proprio ora sto cercando di fare il possibile perchè il mio equipaggiamento sia il più piccolo possibile. Preferisco i coni da 10 pollici, sono più definiti, ed inoltre hanno ottime casse. Nei tre anni passati ho suonato Trace Elliot e una cassa Bag End. Quella è una cassa 2x10; ogni tanto, a seconda di dove suono, distorce un po’. Non mi piacciono i 4x10 perchè sono pesanti, già questa 2x10 lo è! Comunque mi sto preparando ad usare un paio di casse 4x10 della Bag End; è un po’ che sto dietro a Jim e fa delle casse fantastiche.

Quando ho comiciato a suonare c’era bisogno solo di 40 o 60 Watt. Oggigiorno, però, la musica è arrivata al punto in cui anche se non hai bisogno del volume ti serve comunque aria. Ti serve presenza, perciò se non stai suonando qualcosa che ha almeno 400 Watt non vai da nessuna parte.

Continuo a dire che gli amplificatori come il Crown 2000, l’Aguilar 2000, sono i veri amplificatori. A volte uso un sistema senza cavo e quando hai dei buoni amplificatori in qualche modo li auta.

GB:

CR: Di solito vogliono suonare cose per cui non hanno ancora l’abilità. nessuno vuole più fare pratica. Mi piace aver a che fare coi principianti perchè puoi vedere se sono veramente interessati o no. Ho avuto gente che voleva suonare come Les Claypool, e non erano nemmeno capaci di fare una scala maggiore. Per fare quello devi prima fare questo. magari vuol suonare una fuga (simula una scala ascendente percussiva, con la voce) ma non ce la fa fisicamente, non ha i muscoli delle mani sviluppati per farlo!

GB:

CR: Certo, ho un Ken Smith firmato, è della serie CR. Sono stato con Ken Smith per circa sette anni. Principalmente non mi piaceva l’aspetto di quegli strumenti, pensavo fossero orribili; però penso che il basso BT che Ken Smith costruisce sia il migliore sulla piazza. Solo che non mi piace il suo aspetto. Abbiamo a che fare con uno strumento che non è come un violino; tutti i violini si somingliano, mentre con le chitarre e i bassi è diverso.

La Warrior sta pensando ad un basso firmato, come pure la Tradition, però io sono impegnato con JD (Warrior), ed il prodotto è di alta classe. Lui non se la sente di impegnarsi se io desidero fare qualcosa di bassa qualità; sa che per la mia carriera e per ciò che vuol fare con me biosogna rimenere al massimo livello.

GB: Beh, forse vali molto di più di un basso da trecento dollari, forse sente che vale la pena di prendere quella direzione più impegnativa. Fra trenta, quaranta o più anni, se ci sarà un basso Warrior in produzione, sarà probabile che si tratti di un basso firmato da Chuck Rainey. Lo stesso non potrà dirsi di un basso da trecento dollari. è una considerazione da fare.

Ti hanno mai chiesto di duettare con un altro bassista? è qualcosa che vorresti fare?

CR: Sarebbe un tipo di relazione speciale. Oggigiorno al NAMM può capitare di duettare con un altro bassista, però è solo improvvisazione e non ha nulla a che fare con la musica organizzata, tuttavia mi hanno contattato un paio di persone che vogliono fare qualcosa. Ora, dato che l’idea è loro, li lascerò fare.

In fondo ho ancora in testa ciò che sto cercando di fare, però essendo un musicista attivo, sono sempre interessato nei vari progetti.

Dev’essere musica; tutto ciò che riguarda il basso da solo, o qualsiasi altro strumento, diventa un po’ superfluo. Io finisco col fare cose che coinvolgono un po’ tutti. Sono un musicista e voglio suonare nella sezione ritmica; il basso. Se ci sta un assolo, allora lo prenderò, però vorrò anche sentire un po’ di cantato, o un sax solista o cose così.

GB:

CR:

GB:

CR: Ho un sacco di storie; è bello che i musicisti le raccontino, per far sapere come vanno le cose, quello che succede; a volte racconto questa:  Devo aver avuto tredici o quattordici anni, mio padre mi fece andare un un ballo. All’epoca ero trombettista e nella città da dove provengo ero più o meno in vista, ero famoso; mia sorella era una cantante, aveva una voce operistica e faceva anche dei recital, come me. Allora, io e la mia partner siamo andati a questo ballo, che si trovava a quattro o cinque isolati da casa mia, e dove suonavano Hank Ballard e i Midnighters. Quindi a circa un isolato dalla sala da ballo, ci ripenso ogni volta, fu la prima volta che sentii il basso, nell’ambito della musica organizzata. Quando ho cominciato a suonare professionalmente, il basso, alla radio o alla televisione, non lo si riusciva a sentire. Insomma, a circa un isolato dalla sala cominciai a distinguere il charleston e la linea di basso. Fino ad allora non ne avevo avevo mai sentite, a meno che non fosse un basso-tuba; avvicinandomi cominciai a sentire anche il rullante in levare; quindi entrai e mi ricordo che sul palco vidi due chitarristi. Era il 1953 o 54 e, hum, due chitarre. Una però era ENORME. Il tipo che la suonava era tappo e smilzo, e indossava il basso a livello delle ginocchia; fui così impressionato, nel vedere e finalmente capire che ciò che stavo sentendo veniva dalla sua chitarra. Poi gli anni passarono, andai al college, nell’esercito e blah, blah, blah. Alla fine capitai a New York, verso il 1963, tipo nove o dieci anni più tardi. Ero molto popolare, tutti erano alla ricerca di musicisti e io vivevo dove i musicisti vivevano.

Etta James aveva bisogno di un bassista. Erano nei preparativi per fare un po’ di concerti. Io dissi “Grandioso, mi piacerebbe farlo, ma il mio basso è al monte dei pegni. Qualcuno deve darmi un po’ di soldi”. Al che il tipo disse “nessun problema, abbiamo il basso e abbiamo l’amplificatore”, perciò dissi “Beh, ottimo”. Per un anno, quindi, suonai questo basso Fender, con un amplificatore Ampeg. Capitò che andammo a Cincinnato, Ohio; al tempo Etta James era un’eroinomane, non era presa molto bene, però faceva ancora concerti. Ora sta meglio, ma all’epoca aveva dei problemi.

La band andò da New York a Cincinnati, arrivandoci circa con due giorni d’anticipo, Etta cancellò il concerto e finì a Chicago, lasciando la band a Cincinnati con due o tre giorni d’affitto da pagare e senza soldi. Alla fine scappammo dall’albergo e raggiungemmo Chicago.

Dopo sei mesi, tornammo a Cincinnati per recuperare i concerti, ovviamente scegliendo un altro hotel. Ci lasciarono fare quei tre giorni di concerti, però alla fine c’era la legge ad aspettarci. Avevano scoperto che la volta prima eravamo scappati e passammo la notte in galera, per questo, finchè non saldammo il conto. Bastò una sola telefonata a Chicago e da li risolsero le cose, però finchè eravamo dentro, e sapevamo che avremmo dovuto passarci la notte, comiciammo a parlare dei vecchi tempi. Hank Ballard e i Midnighters, nei tardi anni ’40 e nei primi ‘50, si chiamavano The Upsetters, erano un vero spettacolo. Anche Etta James usò la band degli Upsetters, perchè il loro spettacolo le era di grande aiuto. Io lo sapevo, ma non avevo ancora realizzato cosa stesse in realtà succedendo, insomma eravamo seduti a parlare, e loro sapevano che venivo dall’Ohio, da Youngstown, per cui cominciarono a citare nomi di persone e di luoghi. Loro erano un po’ più vecchi di me, e affermavano di esserci già stati tantissime volte, come band di Hank Ballard o di Etta James. Io dissi “sapete, la prima volta che vidi un basso Fender era con la band che portava vestiti da clown, chiamata Hank Ballard e i Midnighters”. Il trombettista si girò verso di me e disse: “e quello è il basso che stai suonando tu”. Mi disse che apparteneva ad un bassista morto in un incendio a Houston, dove stava suonando con Etta James, ma l’hotel dove alloggiavano ebbe un incidente e lui morì nell’incendio. Non avendo parenti o relazioni si tennero il basso e l’amplificatore. Ecco perchè ce li avevano già.

Così, senza saperlo, suonai per un anno intero il primo basso che vidi quando ero un ragazzino.

Per me è stato incredibile che una cosa così mi sia potuta capitare; mi dimostra che ero proprio destinato a fare ciò che ho fatto. Ogni volta che la racconto i capelli che ho sulla nuca mi si rizzano!

Potete visitare il sito web di chuck all’indirizzo:

http://www.chuckrainey.com

Sul sito troverete informazioni sui suoi video didattici, sui suoi libri, i tour, le registrazioni e una lista degli artisti con cui ha girato, registrato e aiutato a disegnare il volto della musica moderna. In questo articolo abbiamo inserito un Pop Up con un po’ di queste affascinanti informazioni.

L’ultimo disco di Chuck “Sing & Dance” può essere acquistato attraverso il suo sito web, o attraverso il link ad Amazon.com, presso BassStuff Online.

Se avete domande su Chuck, il suo pubblicista alla Texas Tuff Music vi inoltrerà le informazioni.

 

Alessandro Arcuri

 

 

                                  

     Need a friend?
Shop at the World's Largest Music Gear Company!

                                       

Home Up

Copyright © 2000-2009 Global Bass Online
Last modified: June 16, 2009