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Carrie Melbourne in Italian

 

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CARRIE MELBOURNE 

di Andy Long 

Carrie Melbourne è attualmente una delle tre sole suonatrici di Chapman Stick del Regno Unito, ed ascoltando il suo lavoro sull'album Indian Ocean, dei Melbourne, la band che ha formato con suo marito Doug, si sente una vera innovatrice di tale strumento. Non sorprende, quindi, che il curriculum musicale di Carrie sia formidabile, comprendendo lavori con Tricky e Mike Oldfield. Tuttavia è il primo incontro di Carrie col successo che ha dell'incredibile. Dopo aver finito i suoi studi musicali alla St. Andrew's University, in Scozia, Carrie è stata invitata ad unirsi ai Babylon Zoo e poco dopo, nel 1996, il loro singolo di debutto è arrivato al N° 1 nel Regno Unito ed in altri quarantaquattro paesi. Casomai non l'abbiate capito lo ripeterò ancora... è arrivato al N° 1 in quarantaquattro paesi!

Quando ho parlato con Carrie le ho chiesto come si sentisse, in quel periodo. 

“Em... alla grande!”, ha sorriso. “Era il mio primo gruppo professionistico, e ne ho amato ogni minuto. Non dimenticherò mai di aver ottenuto l'audizione ed il giorno dopo essere alle prove per la 'Top of the Pops' exclusive, in quel vestito di gomma nera che una volta fu indossato da un'altra ragazza in un video di Elton John! Dopo la nostra apparizione il singolo “Spaceman” è schizzato al numero uno e noi siamo andati in giro per l'Europa e per il mondo. è stato molto eccitante. Mi ricordo di quand'ero in macchina con mio marito Doug, aspettando di sapere se George Michael era ancora al N° 1 per la settimana successiva con “Jesus to a child”. Quindi quando hanno annunciato che in nostro gruppo era al primo posto con “spaceman”, mi ricordo che ho guardato fuori dal finestrino, sulla A40, a Londra, e ho pensato “allora è fatta!”. Abbiamo entrambi riso - non potevamo crederci. Perciò si, è stato un periodo molto speciale e sono stata molto riconoscente nei confronti di Jas Mann per aver creato questo meraviglioso mondo e questa meravigliosa musica che abbiamo potuto condividere. Bellissimo!” 

I Babylon Zoo hanno fatto uscire altri due singoli nel 1996, ma nessuno dei due ha eguagliato il successo di “Spaceman”. La band si è sciolta nel giro di un anno, ma Carrie ricorda quel periodo con gioia. 

“La band si è sciolta a Natale del ’96, quindi Jas ha fatto uscire un secondo album nel ’97, credo. Mi mancano i Babylon Zoo, era un’eccellente live band, e penso che Jas fosse una vera star, sfolgorante e pieno di talento. Peccato che sia tutto finito” 

I successivi concerti di Carrie sono stati con Tricky. Lo ho chiesto, piuttosto ingenuamente, come sia arrivata a lavorare con lui. 

“Attraverso il mio agente!” è stata l’ovvia risposta, “dopo che i Babylon Zoo si sono sciolti, a Natale ’96, ho dovuto aspettare perché tutti pensavano fossi ancora impegnata con loro, mentre in realtà ero alla ricerca di nuovi lavori. Tricky era in scaletta per il tour estivo del ’97 di “Lollapalooza” negli USA ed in Canada. Sono andata all’audizione, ho ottenuto il posto e il giorno dopo sono volata a Miami per un tour americano di trentasei date di “sheds”, che nel gergo statunitense vuol dire concerti all’aperto da 15.000 persone! È stato magnifico suonare nello stesso spettacolo dei Marley Brothers, James, Snoop Doggy Dogg, Tool, i Prodigy, gli Orb e gli Orbital. È stato un bel periodo, e la musica di Tricky era molto “bassistica” e divertente da suonare.” 

Durante questo periodo Carrie era impegnata nell’espandere le sue potenzialità musicali con l’acquisizione di un Chapman Stick e, durante il tour di Tricky, ha passato molto tempo a fare pratica. Dopo la fine del tour si è rimessa alla ricerca di nuove opportunità e presto ha avuto l’occasione di suonare con Mike Oldfield. 

“Beh, ho avuto il lavoro ancora una volta attraverso il mio agente. Lavorare per Mike è stata la cosa migliore che finora abbia mai fatto. Quegli spettacoli erano massicci, così godibili dal punto di vista musicale. Sono state grandi esperienze e sono stata fortunata a far parte di una tale spettacolare serie di eventi. Ho suonato per Mike al suo “Horseguard Parade” show, a Londra, nel settembre ’98, per l’anteprima mondiale di Tubular Bells 3, in diversi spettacoli televisivi, sul suo tour inglese ed europeo di “Then & Now”, nell’estate ’99, e per il suo “Millennium Show” di Berlino l’ultimo dell’anno del’99, con lo spettacolo di luci “Art in Heaven”.” 

Carrie ha un diario ondine del periodo passato con Mike, presso il suo sito, all’indirizzo:

“Per il tour dell’estate ’99 di “Then & Now” non abbiamo avuto molto tempo per prepararci e provare tutta la musica che dovevamo suonare nello spettacolo. Alcuni di noi (io!) avevano lavorato nello show di Mike “Horseguards Parade”, nel ’98, preparato per la presentazione dell’album “Tubular Bells 3”, uno dei miei favoriti, fra i suoi lavori. Alcuni altri musicisti erano stati acquisiti di fresco e si sono dovuti imparare tutti i nuovi pezzi, più quelli vecchi. Per cui è stato duro per tutti, ma ce l’abbiamo fatta ed il primo spettacolo è stato superbo. Dopo di quello è andato avanti tutto liscio. Gli spettacoli in Spagna sono stati i miei preferiti – orde urlanti dalle 10.000 alle 18.000 persone, culminate con le 100.000 a La Coruna, l’ultimo spettacolo del tour. Mike era molto pignolo circa la sua musica, molti musicisti lo sono, no? Però era anche molto pratico, flessibile e anche molto cortese, per cui ho molto amato lavorare con lui. Senza dubbio è stato il miglior tour che abbia mai fatto ed il Millennium Show, a Berlino, la notte dell’ultimo dell’anno del 31 dicembre ’99 è stata incredibile. Settecentocinquantamila persone, la musica di Mike, scritta apposta per l’occasione, la Millennium Bell e il suo Berlin 2000 finale. Ero molto orgogliosa di essere parte di una tale monumentale celebrazione musicale e un tale spettacolo di luci, fornito dalla superba produzione di “Art in Heaven”. Vi raccomando il DVD, che dovrebbe uscire a breve. Io ho il video e cattura molto bene l’occasione” 

Con un tale pedigree alle spalle, quindi, era tempo per Carrie di provarci da sola con qualche concerto per Chapman Stick solo e qualche lavoro con la band “Melbourne”. 

“Suonare lo stick da solo è molto importante per me, perché da’ alla gente la possibilità di sentire cosa ha da offrire questo strumento relativamente nuovo. Ci sono così tanti fantastici musicisti, veramente dei geni tecnici, molti in America, alcuni nel Regno Unito, però ne abbiamo bisogno di altri! Lo stile di Nick Beggs è magnifico – l’ho visto di recente con John Paul Jones. Ed il mio maestro Jim Lampi è considerato il migliore suonatore di stick del mondo. Nella band “Melbourne” lo uso su circa il 50% dei pezzi, in un ambiente più “di gruppo”, perciò con una forte sonorità sugli acuti e i bassi ben pompati! Da solo però puoi essere più delicato, ottenendo più armoniche e più colori. Adoro lo stick, fra gli strumenti che suono è il mio favorito e nonostante abbia già messo su un buon repertorio di pezzi sento ancora di aver appena intaccato la superficie del meraviglioso potenziale dello strumento. Devo molto all’inventore Emmett Chapman per aver creato uno strumento che ha letteralmente cambiato la mia vita. Lo stick si adatta a qualsiasi stile; nella nostra band suoniamo parecchio rock, con influenze world e ambient, però ho sentito praticamente di tutto, suonato sulla stick – clasica, jazz, country, reggae, funziona benissimo con tutto e veramente non so perché. Forse è nella struttura dello strumento. Nei miei spettacoli uso solo lo stick e la voce, perciò per me è una notevole esposizione! 

Essere nella stessa band col proprio coniuge può non essere sempre facile. Mi sono chiesto se Carrie e Doug l’abbiano trovato naturale o se stiano sempre a discutere su chi si prende gli assoli e cose del genere. 

“Doug ed io lavoriamo sorprendentemente bene assieme. Penso che riusciamo a creare una buona squadra perché abbiamo entrambi una forte personalità e, si, cerchiamo di ottenere il meglio da ciascuno, piuttosto che fissarci nell’avere sempre ragione. Penso che ora siamo diventati piuttosto bravi nell’interpretare i pezzi altrui, aggiungendoci parti. Doug spesso arrangia le mie parti di piano e voce o i miei tentativi di stick e voce, oppure può scrivere un pezzo strumentale, al quale io aggiungerò la melodia, il testo, stick, basso e un po’ di chitarra. Certo è una questione di compromesso, però è un compromesso dinamico, per esempio lavorare con lo stesso obbiettivo in mente: palate di soldi e una buona pensione! E si spera anche della buona musica!” 

Il sito ufficiale dei Melbourne elenca, fra le loro influenze, una pletora di gruppi prog e, dato che Doug è anche il tastierista nella tribute-band dei Genesis “Re-Genesis”, ho chiesto a Carrie se pensasse che la loro musica fosse nel filone progressive. 

“Doug è un grande fan di Peter Gabriel e dei Genesis, ed io ho suonato per Mike Oldfield, ma per ciò che riguarda la nostra musica credo che sia più influenzata dalla world music, dal rock e dai ritmi latini e ambient. Il progressive rock, come dice la parola stessa, è una musica con uno stile molto preciso e non credo che ci siano molti punti d’incontro con la nostra, però, detto ciò, i Genesis, gli Yes, i Pink Floyd e i King Crimson sono rimasti i nostri ascolti principali per anni! 

Quindi quali sono le influenze di Carrie come bassista, suonatrice di stick e semplicemente come musicista? 

“Fin troppe! Fra i bassisti che mi hanno influenzato c’è Jaco Pastorius, il suo modo di suonare su “Bright size life” di Pat Metheny e “Shadows and light” di Joni Mitchell nonché il suo primo album solista; Mick Karn dei Japan, Tony Levin nei King Crimson e con Peter Gabriel, Flea dei Red Hot Chili Peppers… per lo stick il mio maestro Jim Lampi, ovviamente, l’inventore Emmett Chapman, un virtuoso argentino Guillermo Cides e, di nuovo, Tony Levin che ha definito lo “stick bass”. In realtà però è Jim, il mio maestro, che mi ha insegnato tutto. Altre importanti influenze: Sting, il suo basso, la sua voce e le sue canzoni durante questi anni hanno veramente toccato la mia anima; la meravigliosa chitarra spagnola di Segovia; i primi madrigali inglesi Elisabettiani e la musica sacra, i canti gregoriani; Vaughan Williams e compositori romantici classici inglesi; Chopin e… er.. Phil Collins. Beh, Phil viene così bistrattato, oggigiorno, dai fan dei Genesis, però i suoi virtuosismi sulla batteria per tutti quegli anni sono stati ben al di là delle possibilità di molti musicisti, e amo anche la sua voce… per me è come se cantasse un amico. E se a una donna piace la voce di un certo uomo, beh, qualsiasi cosa chiunque altro possa dire, come critica, non c’è niente da fare! Heh heh… ah si, l’album “Arcadie” di Daniel Lanois è stata una grossa influenza, per me. Amo il suo modo intenso di cantare e di suonare la chitarra. Magnifico, deve esserci in ogni collezione di vecchi CD” 

C’è molto fra cui scegliere, quindi. Non è una sorpresa che il lavoro dei Melbourne sia un miscuglio così eclettico di influenze e impressioni.

I Melbourne hanno pubblicato il loro primo album “Indian Ocean”, all’inizio del 1999. Il disco è stato bene accolto in tutto il mondo, con buone recensioni fra cui una molto encomiabile dell’inventore dello stick Emmett Chapman, che ha detto “I suoi arrangiamenti di stick, ricchi in accordi, sono mescolati con precisione in più grandi ambientazioni orchestrali con i sintetizzatori e le percussioni di Doug Melbourne… direi che Carrie ha portato il suo stick bianco con inclusioni di policarbonato, N° 2366, molto avanti. Grazie mille per questo eccellente album.” Successivamente il gruppo ha registrato un nuovo e.p. che dovrebbe essere pubblicato a breve. 

“Nel nostro nuovo e.p. c’è Jamie Fisher alla batteria acustica ed elettronica” spiega Carrie “perciò i cinque pezzi sono un tantino più duri e più commerciali, dato che sono quasi tutti nella forma-canzone. Detto ciò, alla fine c’è un pezzo molto interessante, ispirato alla musica classica indiana, “Shanti”, che ho scritto con lo stick e su cui Jamie ha sovrainciso in incredibile pattern di batteria; bisogna ascoltarlo per crederci, è pazzesco! Inoltre l’e.p. si apre con un rap su basso e batteria chiamato “Deep deep deep”, con ancora una batteria fantastica e della tastiere molto ambient di Doug, e ad un primo ascolto si è rivelato il pezzo preferito di molte persone. Quindi proseguiamo e sorprendiamo l’ascoltatore con un paio di pezzi rock piuttosto tranquilli e contemplativi, poi c’e una classica ballad anni ’70, che ho scritto io e che termina con un massiccio climax strumentale ed un tipico assolo di chitarra in stile anni ’70, sempre mio. Perciò prima ho detto, “oh, non siamo influenzati dal prog” ed ora mi ricordo chiaramente di aver fatto del mio meglio per imitare David Gilmour su quel pezzo! Si chiama “She wants you” ed è uno dei pezzi più personali che ho scritto finora. Ne sono molto orgogliosa, non finirà in classifica ma che importa! Finiremo l’e.p. nella primavera del 2001 e lo venderemo via internet ed ai nostri spettacoli; sarà pubblicato dalla Eaton Music, i nostri editori, come anticipazione per dei contratti più grossi.” 

Quest’estate ci saranno altre date dal vivo dei Melbourne, che daranno loro la possibilità di presentare il loro repertorio ad un pubblico sempre più vasto. Hanno già provato i loro pezzi dal vivo, come assaggio per il tour. 

“Dal vivo è l’occasione migliore per scoprire ciò che funziona e ciò che non funziona, sia dal punto di vista dell’esecuzione che della risposta del pubblico; per esempio quando abbiamo suonato “She wants you” la gente si è scatenata nel passaggio finale, mentre in un altro pezzo che abbiamo proposto di recente la gente si è dimostrata scettica! A volte rielabori la musica se pensi che la reazione della gente non sia stata quella che ti aspettavi, mentre a volte continui a suonarla così com’è finché non decidono che gli piace! Comunque possono sempre andarsene al bar! Dipende dalla situazione individuale.

Devi ottenere quell’equilibrio fra il capire cosa il pubblico desidera da te e cosa è meglio suonare per te, come musicista. La cosa migliore è, ovviamente, quando le due cose s’incontrano nel mezzo!” 

Quando ho chiesto a Carrie su cosa stesse lavorando al momento ha detto: “Sto semplicemente asciugando la federa del materasso nell’asciugatrice – è su da quattro ore al massimo del calore ed è ancora umida! È stata fatta in Germania. Hai notato come tutto ciò che è fatto in Germania è fatto per durare? Adoro la qualità delle cose tedesche. La nostra auto è così. Ed il mio basso - ora che ci penso -  è un Warwick. Penso che dovremmo prenderci un agente tedesco… al momento ne siamo alla ricerca!” 

Non era esattamente la risposta che speravo ma mi ha portato comunque a chiedere a Carrie circa i bassi che suona, principalmente Warwick e cosa apprezza di più in essi. 

“Ormai è molto che suono i bassi Warwick. Quando ero nei Babylon Zoo dovevo suonare il basso di Jas Mann; nel frattempo ho agganciato Trevor Cash alla Warwick, e lui sapeva quanto amassi quei bassi, perciò mi ha preso sul serio e mi ha fatto ottenere la sponsorizzazione. Li ho sempre suonati da allora in poi. Una volta avevo un Warwick a quattro corde, che poi ho venduto, mentre ora il mio strumento principale e uno Streamer a cinque corde appartenuto a Charlie Jones, il genero di Robert Plant. Adoro quel basso, ha un suono bello e ricco, molto grave e potente! Ho anche un Warwick Streamer fretless a quattro corde, con un suono molto dolce, in certi casi il mio preferito – l’ho usato su “Rainy day”, dall’album “Indian Ocean”. Ne sono molto orgogliosa è splendido da vedere, sexy e molto suonabile. Ho anche un Warwick Covette a sei corde, anche se devo dire che nonostante la mia ammirazione per Alain Caron e John Patitucci non l’ho esplorato molto! Adoro il suono di quel Do acuto sul sei corde, è strano ed indimenticabile. Riesci sempre a riconoscere un sei corde dal suo suono. L’ho usato per un intervento solista in un pezzo del nostro nuovo e.p. “Melbourne”, che uscirà nel Regno Unito quest’estate. Ho anche un Gibson EB3 a scala corta, che ho desiderato per anni – e che ancora desidero. È il basso del mio procuratore legale e se non glielo pago lo rivorrà indietro! (Giù le mani, lettori, è mio, ve l’ho detto!). Un Gibson EB3 rosso vino a scala corta è stato il mio primo basso in assoluto, l’ho amato un sacco e non mi lascerò portare via quest’altro! L’ho già usato per un pezzo in stile trance anni ’60 che abbiamo elaborato su “Melbourne”, ed è venuto molto bene. Il favorito fra i miei bassi? Il Warwick fretless; ha classe ed è bellissimo.” 

Continuando col Chapman Stick, ho chiesto a Carrie cos’ha di particolare il suo modello. 

“Ognuno di essi è unico, rifinito a mano! Il che è un enorme privilegio; immaginati Leo Fender che costruisce per te la tua chitarra! Emmett ha fatto il mio con legno d’acero con inserti di paua, a dieci corde e pickup normali. Ne ho un altro che ho comprato dal mio istruttore Jim Lampi, di policarbonato bianco, fatto a metà degli anni ’80, coi pickup MIDI. È stato il primo stick su cui ho imparato. Non ho ancora inserito il MIDI su quello in acero, ma una volta o l’altra lo farò, dato che è possibile. Ho prestato quello in policarbonato ad un mio amico, un bravissimo bassista, Bill Burnett, del supergruppo prog-fusion Sphere; so che gli piacerà. Parlando di bassi, prima mi hai chiesto quali possiedo. Beh ne ho uno nero disegnato da me, che è stato quello che ho avuto subito dopo il Gibson, ed è stato costruito dal liutaio scozzese Ian Watt, che viveva lontanissimo nelle campagne scozzesi! Mi ci volevano tre autobus da St. Andrews, con un’ora di attesa fra l’uno e l’altro solo per arrivare a casa sua! È molto bello, fatto da un vero esperto; è una specie di Steinberger ma con più curve, senza tasti e a cinque corde e con un sacco di apparecchietti in stile anni ’80 – equalizzatore parametrico, circuitazione attiva, senza paletta e con le chiavi dietro al ponte. Potrei farlo resuscitare per uno spettacolo dei Melbourne uno di questi giorni, anche se penso che la circuitazione avrà bisogno di una ripassata!” 

Quindi Carrie preferisce lo stick o è una purista del basso? 

“Il basso o lo stick? Parigi o le Seychelles? Jenifer Lopez o Claudia Schiffer? Ho sempre amato il basso, il groove, il suono, il senso di appartenenza al ritmo del gruppo che hai quando lo suoni, però penso che sia lo stick lo strumento che io ero nata per suonare. Ci posso già trovare cose e suoni unici per me, il che è una cosa molto preziosa al giorno d’oggi, dove è difficile imporsi, far sentire la propria voce e il tuo territorio. Perciò sarò sempre grata ad Emmett Chapman per avermi dato l’opportunità di fare qualcosa che posso dire sia tutta mia. Per me lo stick è come il mio angelo custode, non posso star senza.” 

Un paio di mesi fa ho chiesto a Nick Beggs della sua carriera come bassista e suonatore di stick e mi ha detto che pensava che la ragione principale per cui la gente non suona lo stick è che è incredibilmente difficile da padroneggiare. L’opinione di Carrie è però nettamente diversa. 

“Ammiro moltissimo Nick Beggs, il suo modo di suonare il basso e particolarmente le sue pazzie sullo stick che recentemente ha eseguito con John Paul Jones… brillante. Ma cos’è che è tremendamente difficile d padroneggiare, sullo stick? Non sono sicura di cosa voglia dire; io lo vedo più come domare un cavallo selvaggio, se hai la confidenza giusta non ci vuole molto; c’è però un momento in cui pensi di non riuscire a farcela e dopo di che tutto acquista un senso. A me ci sono volute due lezioni da Jim per capire un pezzo e una settimana di lavoro di ricerca per far sbocciare il suono giusto. È dopo di ciò che comincia la parte dura! Ecco una cosa: se sei un bassista sei abituato a pensare per quarte, così come è la parte acuta dello stick, perciò devi semplicemente trasferire le tue cognizioni bassistiche su quella parte di strumento. La parte grave è in quinte e, come il mio maestro Jim ha evidenziato, l’asse I – V – I è del tutto logico per il basso, il fondamento della musica classica e pianistica. Una volta che te lo metti in testa e trovi tutti gli accordi sotto le dita della mano sinistra, puoi partire.

Ora che ho trovato la chiave per aprire lo stick continuo a scoprire cose nuove, è bellissimo e a volte sconvolgente. Il pensiero di quanto c’è da scoprire ti confonde. Tony Levin ha detto una cosa interessante e cioè che quando andò ad una conferenza di suonatori di stick rimase colpito da quanti diversi stili la gente avesse creato; ecco come è versatile lo stick. Recentemente mi hanno chiesto di suonare ad un seminario sullo stick con Tony Levin a Milano, però non posso andare. Sono così dispiaciuta! È gestito da una delle poche donne suonatrici di stick al mondo, una musicista di nome Virna Splendore. Spero di incontrarla, un giorno. In realtà quello che Nick intende è che lo stick, come ogni strumento, è difficile da padroneggiare. Puoi tirar fuori un pezzo da uno strumento abbastanza in fretta, ma per padroneggiarlo ci vuole una vita.” 

Infine, per l’amata sezione sull’equipaggiamento, a cosa attacca Carrie tutti i suoi bassi e i suoi stick? 

“Amplificatori”, dice – bella scoperta! “Trace Elliot per il basso, e pure molti. Fino a quanti i miei poveri roadie riusciranno a trasportarne. Più sono, meglio è! Ho usato una testata da 600 watt con casse 4 x 10 e 2 x 15 con Tricky, nel tour Lollapalooza del ’97, e l’ho adorata. Per gli spettacoli dei Melbourne mi devo trasportare io la roba, per ora. Stavo pensando di usare il Marshal 2 stack pocket amp, con la sua batteria P33. Odio trasportare la roba, e comunque quello mi ci sta nel borsone! Heh heh… no, seriamente uso un amplificatore Roland da tastiere per lo stick, nel tour dei Melbourne. Ha gli ingressi stereo e posso appena sopportarne il peso senza rotolare per le scale quando porto gli zatteroni ai piedi. Peso cinquanta chili senza gli zatteroni, per cui trasportare la roba non è una cosa che posso proprio gestirmi. Però negli show organizzati come quando ho lavorato con Tricky o Mike Oldfield me ne vengo fuori coi giganti della Trace Elliot. Anche con loro ho una sponsorizzazione, che prendo molto seriamente perché io penso a lungo su ciò che voglio e quando lo trovo rimango fedele alla compagnia che ho scelto. Ciononostante sono molto più elastica per ciò che concerne le corde – basta un’offerta di un set di corde gratis dalla giusta fabbrica e chiunque può avermi!” 

Bene, seguendo quel disperato appella di Carrie per una sponsorizzazione di corde, vale sicuramente la pena menzionare che anche chi vi scrive è disponibile per una simile sponsorizzazione, come pure per i bassi, gli amplificatori, i vestiti e le auto. Hey! Se può farlo l’intervistato può farlo anche l’intervistatore, giusto? (E così pure il webmaster, eh?) (e anche il traduttore! N.d.T.) 

Intanto vedrò di partecipare a qualche show dei Melbourne, più avanti quest’anno, e Carrie mi ha promesso che potrò andare al soundcheck e provare lo stick. Vi farò sapere come mi ci trovo.

 

Andy Long 

Andy Long è il nostro corrispondente dal Regno Unito e l’autore di numerosi articoli su Global Bass per diversi numeri. Continuerà nel 2001 con una serie di interessanti e provocatorie interviste coi migliori bassisti e suonatori di stick inglesi.

Visitate il suo sito presso Third Bass

Alessandro Arcuri

 

 

 

 

                                  

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Last modified: June 16, 2009