Global Bass Online May 2001
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CARRIE
MELBOURNE di Andy Long Carrie Melbourne è attualmente una delle tre sole suonatrici di Chapman Stick del Regno Unito, ed ascoltando il suo lavoro sull'album Indian Ocean, dei Melbourne, la band che ha formato con suo marito Doug, si sente una vera innovatrice di tale strumento. Non sorprende, quindi, che il curriculum musicale di Carrie sia formidabile, comprendendo lavori con Tricky e Mike Oldfield. Tuttavia è il primo incontro di Carrie col successo che ha dell'incredibile. Dopo aver finito i suoi studi musicali alla St. Andrew's University, in Scozia, Carrie è stata invitata ad unirsi ai Babylon Zoo e poco dopo, nel 1996, il loro singolo di debutto è arrivato al N° 1 nel Regno Unito ed in altri quarantaquattro paesi. Casomai non l'abbiate capito lo ripeterò ancora... è arrivato al N° 1 in quarantaquattro paesi! Quando ho parlato con
Carrie le ho chiesto come si sentisse, in quel periodo. “Em... alla grande!”,
ha sorriso. “Era il mio primo gruppo professionistico, e ne ho amato ogni
minuto. Non dimenticherò mai di aver ottenuto l'audizione ed il giorno dopo
essere alle prove per la 'Top of the Pops' exclusive, in quel vestito di gomma
nera che una volta fu indossato da un'altra ragazza in un video di Elton John!
Dopo la nostra apparizione il singolo “Spaceman” è schizzato al numero uno
e noi siamo andati in giro per l'Europa e per il mondo. è stato molto eccitante.
Mi ricordo di quand'ero in macchina con mio marito Doug, aspettando di sapere se
George Michael era ancora al N° 1 per la settimana successiva con “Jesus to a
child”. Quindi quando hanno annunciato che in nostro gruppo era al primo posto
con “spaceman”, mi ricordo che ho guardato fuori dal finestrino, sulla A40,
a Londra, e ho pensato “allora è fatta!”. Abbiamo entrambi riso - non
potevamo crederci. Perciò si, è stato un periodo molto speciale e sono stata
molto riconoscente nei confronti di Jas Mann per aver creato questo meraviglioso
mondo e questa meravigliosa musica che abbiamo potuto condividere. Bellissimo!” I Babylon Zoo hanno fatto
uscire altri due singoli nel 1996, ma nessuno dei due ha eguagliato il successo
di “Spaceman”. La band si è sciolta nel giro di un anno, ma Carrie ricorda
quel periodo con gioia. “La band si è sciolta
a Natale del ’96, quindi Jas ha fatto uscire un secondo album nel ’97,
credo. Mi mancano i Babylon Zoo, era un’eccellente live band, e penso che Jas
fosse una vera star, sfolgorante e pieno di talento. Peccato che sia tutto
finito” I successivi concerti di
Carrie sono stati con Tricky. Lo ho chiesto, piuttosto ingenuamente, come sia
arrivata a lavorare con lui. “Attraverso il mio
agente!” è stata l’ovvia risposta, “dopo che i Babylon Zoo si sono
sciolti, a Natale ’96, ho dovuto aspettare perché tutti pensavano fossi
ancora impegnata con loro, mentre in realtà ero alla ricerca di nuovi lavori.
Tricky era in scaletta per il tour estivo del ’97 di “Lollapalooza” negli
USA ed in Canada. Sono andata all’audizione, ho ottenuto il posto e il giorno
dopo sono volata a Miami per un tour americano di trentasei date di “sheds”,
che nel gergo statunitense vuol dire concerti all’aperto da 15.000 persone! È
stato magnifico suonare nello stesso spettacolo dei Marley Brothers, James,
Snoop Doggy Dogg, Tool, i Prodigy, gli Orb e gli Orbital. È stato un bel
periodo, e la musica di Tricky era molto “bassistica” e divertente da
suonare.” Durante questo periodo
Carrie era impegnata nell’espandere le sue potenzialità musicali con
l’acquisizione di un Chapman Stick e, durante il tour di Tricky, ha passato
molto tempo a fare pratica. Dopo la fine del tour si è rimessa alla ricerca di
nuove opportunità e presto ha avuto l’occasione di suonare con Mike Oldfield. “Beh, ho avuto il
lavoro ancora una volta attraverso il mio agente. Lavorare per Mike è stata la
cosa migliore che finora abbia mai fatto. Quegli spettacoli erano massicci, così
godibili dal punto di vista musicale. Sono state grandi esperienze e sono stata
fortunata a far parte di una tale spettacolare serie di eventi. Ho suonato per
Mike al suo “Horseguard Parade” show, a Londra, nel settembre ’98, per
l’anteprima mondiale di Tubular Bells 3, in diversi spettacoli televisivi, sul
suo tour inglese ed europeo di “Then & Now”, nell’estate ’99, e per
il suo “Millennium Show” di Berlino l’ultimo dell’anno del’99, con lo
spettacolo di luci “Art in Heaven”.” Carrie ha un diario
ondine del periodo passato con Mike, presso il suo sito, all’indirizzo: “Per il tour
dell’estate ’99 di “Then & Now” non abbiamo avuto molto tempo per
prepararci e provare tutta la musica che dovevamo suonare nello spettacolo.
Alcuni di noi (io!) avevano lavorato nello show di Mike “Horseguards
Parade”, nel ’98, preparato per la presentazione dell’album “Tubular
Bells 3”, uno dei miei favoriti, fra i suoi lavori. Alcuni altri musicisti
erano stati acquisiti di fresco e si sono dovuti imparare tutti i nuovi pezzi,
più quelli vecchi. Per cui è stato duro per tutti, ma ce l’abbiamo fatta ed
il primo spettacolo è stato superbo. Dopo di quello è andato avanti tutto
liscio. Gli spettacoli in Spagna sono stati i miei preferiti – orde urlanti
dalle 10.000 alle 18.000 persone, culminate con le 100.000 a La Coruna,
l’ultimo spettacolo del tour. Mike era molto pignolo circa la sua musica,
molti musicisti lo sono, no? Però era anche molto pratico, flessibile e anche
molto cortese, per cui ho molto amato lavorare con lui. Senza dubbio è stato il
miglior tour che abbia mai fatto ed il Millennium Show, a Berlino, la notte
dell’ultimo dell’anno del 31 dicembre ’99 è stata incredibile.
Settecentocinquantamila persone, la musica di Mike, scritta apposta per
l’occasione, la Millennium Bell e il suo Berlin 2000 finale. Ero molto
orgogliosa di essere parte di una tale monumentale celebrazione musicale e un
tale spettacolo di luci, fornito dalla superba produzione di “Art in
Heaven”. Vi raccomando il DVD, che dovrebbe uscire a breve. Io ho il video e
cattura molto bene l’occasione” Con un tale pedigree alle
spalle, quindi, era tempo per Carrie di provarci da sola con qualche concerto
per Chapman Stick solo e qualche lavoro con la band “Melbourne”. “Suonare lo stick da
solo è molto importante per me, perché da’ alla gente la possibilità di
sentire cosa ha da offrire questo strumento relativamente nuovo. Ci sono così
tanti fantastici musicisti, veramente dei geni tecnici, molti in America, alcuni
nel Regno Unito, però ne abbiamo bisogno di altri! Lo stile di Nick Beggs è
magnifico – l’ho visto di recente con John Paul Jones. Ed il mio maestro Jim
Lampi è considerato il migliore suonatore di stick del mondo. Nella band
“Melbourne” lo uso su circa il 50% dei pezzi, in un ambiente più “di
gruppo”, perciò con una forte sonorità sugli acuti e i bassi ben pompati! Da
solo però puoi essere più delicato, ottenendo più armoniche e più colori.
Adoro lo stick, fra gli strumenti che suono è il mio favorito e nonostante
abbia già messo su un buon repertorio di pezzi sento ancora di aver appena
intaccato la superficie del meraviglioso potenziale dello strumento. Devo molto
all’inventore Emmett Chapman per aver creato uno strumento che ha
letteralmente cambiato la mia vita. Lo stick si adatta a qualsiasi stile; nella
nostra band suoniamo parecchio rock, con influenze world e ambient, però ho
sentito praticamente di tutto, suonato sulla stick – clasica, jazz, country,
reggae, funziona benissimo con tutto e veramente non so perché. Forse è nella
struttura dello strumento. Nei miei spettacoli uso solo lo stick e la voce,
perciò per me è una notevole esposizione! Essere nella stessa band
col proprio coniuge può non essere sempre facile. Mi sono chiesto se Carrie e
Doug l’abbiano trovato naturale o se stiano sempre a discutere su chi si
prende gli assoli e cose del genere. “Doug ed io lavoriamo
sorprendentemente bene assieme. Penso che riusciamo a creare una buona squadra
perché abbiamo entrambi una forte personalità e, si, cerchiamo di ottenere il
meglio da ciascuno, piuttosto che fissarci nell’avere sempre ragione. Penso
che ora siamo diventati piuttosto bravi nell’interpretare i pezzi altrui,
aggiungendoci parti. Doug spesso arrangia le mie parti di piano e voce o i miei
tentativi di stick e voce, oppure può scrivere un pezzo strumentale, al quale
io aggiungerò la melodia, il testo, stick, basso e un po’ di chitarra. Certo
è una questione di compromesso, però è un compromesso dinamico, per esempio
lavorare con lo stesso obbiettivo in mente: palate di soldi e una buona pensione!
E si spera anche della buona musica!” Il sito ufficiale dei
Melbourne
elenca, fra le loro influenze, una pletora di gruppi prog e, dato che Doug è
anche il tastierista nella tribute-band dei Genesis “Re-Genesis”, ho chiesto
a Carrie se pensasse che la loro musica fosse nel filone progressive. “Doug è un grande fan
di Peter Gabriel e dei Genesis, ed io ho suonato per Mike Oldfield, ma per ciò
che riguarda la nostra musica credo che sia più influenzata dalla world music,
dal rock e dai ritmi latini e ambient. Il progressive rock, come dice la parola
stessa, è una musica con uno stile molto preciso e non credo che ci siano molti
punti d’incontro con la nostra, però, detto ciò, i Genesis, gli Yes, i Pink
Floyd e i King Crimson sono rimasti i nostri ascolti principali per anni! Quindi quali sono le
influenze di Carrie come bassista, suonatrice di stick e semplicemente come
musicista? “Fin troppe! Fra i
bassisti che mi hanno influenzato c’è Jaco Pastorius, il suo modo di suonare
su “Bright size life” di Pat Metheny e “Shadows and light” di Joni
Mitchell nonché il suo primo album solista; Mick Karn dei Japan, Tony Levin nei
King Crimson e con Peter Gabriel, Flea dei Red Hot Chili Peppers… per lo stick
il mio maestro Jim Lampi, ovviamente, l’inventore Emmett Chapman, un virtuoso
argentino Guillermo Cides e, di nuovo, Tony Levin che ha definito lo “stick
bass”. In realtà però è Jim, il mio maestro, che mi ha insegnato tutto.
Altre importanti influenze: Sting, il suo basso, la sua voce e le sue canzoni
durante questi anni hanno veramente toccato la mia anima; la meravigliosa
chitarra spagnola di Segovia; i primi madrigali inglesi Elisabettiani e la
musica sacra, i canti gregoriani; Vaughan Williams e compositori romantici
classici inglesi; Chopin e… er.. Phil Collins. Beh, Phil viene così
bistrattato, oggigiorno, dai fan dei Genesis, però i suoi virtuosismi sulla
batteria per tutti quegli anni sono stati ben al di là delle possibilità di
molti musicisti, e amo anche la sua voce… per me è come se cantasse un amico.
E se a una donna piace la voce di un certo uomo, beh, qualsiasi cosa chiunque
altro possa dire, come critica, non c’è niente da fare! Heh heh… ah si,
l’album “Arcadie” di Daniel Lanois è stata una grossa influenza, per me.
Amo il suo modo intenso di cantare e di suonare la chitarra. Magnifico, deve
esserci in ogni collezione di vecchi CD” C’è molto fra cui
scegliere, quindi. Non è una sorpresa che il lavoro dei Melbourne sia un
miscuglio così eclettico di influenze e impressioni. I Melbourne hanno
pubblicato il loro primo album “Indian Ocean”, all’inizio del 1999. Il
disco è stato bene accolto in tutto il mondo, con buone recensioni fra cui una
molto encomiabile dell’inventore dello stick Emmett Chapman, che ha detto “I
suoi arrangiamenti di stick, ricchi in accordi, sono mescolati con precisione in
più grandi ambientazioni orchestrali con i sintetizzatori e le percussioni di
Doug Melbourne… direi che Carrie ha portato il suo stick bianco con inclusioni
di policarbonato, N° 2366, molto avanti. Grazie mille per questo eccellente
album.” Successivamente il gruppo ha registrato un nuovo e.p. che dovrebbe
essere pubblicato a breve. “Nel nostro nuovo e.p.
c’è Jamie Fisher alla batteria acustica ed elettronica” spiega Carrie
“perciò i cinque pezzi sono un tantino più duri e più commerciali, dato che
sono quasi tutti nella forma-canzone. Detto ciò, alla fine c’è un pezzo
molto interessante, ispirato alla musica classica indiana, “Shanti”, che ho
scritto con lo stick e su cui Jamie ha sovrainciso in incredibile pattern di
batteria; bisogna ascoltarlo per crederci, è pazzesco! Inoltre l’e.p. si apre
con un rap su basso e batteria chiamato “Deep deep deep”, con ancora una
batteria fantastica e della tastiere molto ambient di Doug, e ad un primo
ascolto si è rivelato il pezzo preferito di molte persone. Quindi proseguiamo e
sorprendiamo l’ascoltatore con un paio di pezzi rock piuttosto tranquilli e
contemplativi, poi c’e una classica ballad anni ’70, che ho scritto io e che
termina con un massiccio climax strumentale ed un tipico assolo di chitarra in
stile anni ’70, sempre mio. Perciò prima ho detto, “oh, non siamo
influenzati dal prog” ed ora mi ricordo chiaramente di aver fatto del mio
meglio per imitare David Gilmour su quel pezzo! Si chiama “She wants you” ed
è uno dei pezzi più personali che ho scritto finora. Ne sono molto orgogliosa,
non finirà in classifica ma che importa! Finiremo l’e.p. nella primavera del
2001 e lo venderemo via internet ed ai nostri spettacoli; sarà pubblicato dalla
Eaton Music, i nostri editori, come anticipazione per dei contratti più grossi.” Quest’estate ci saranno
altre date dal vivo dei Melbourne, che daranno loro la possibilità di
presentare il loro repertorio ad un pubblico sempre più vasto. Hanno già
provato i loro pezzi dal vivo, come assaggio per il tour. “Dal vivo è
l’occasione migliore per scoprire ciò che funziona e ciò che non funziona,
sia dal punto di vista dell’esecuzione che della risposta del pubblico; per
esempio quando abbiamo suonato “She wants you” la gente si è scatenata nel
passaggio finale, mentre in un altro pezzo che abbiamo proposto di recente la
gente si è dimostrata scettica! A volte rielabori la musica se pensi che la
reazione della gente non sia stata quella che ti aspettavi, mentre a volte
continui a suonarla così com’è finché non decidono che gli piace! Comunque
possono sempre andarsene al bar! Dipende dalla situazione individuale. Devi ottenere
quell’equilibrio fra il capire cosa il pubblico desidera da te e cosa è
meglio suonare per te, come musicista. La cosa migliore è, ovviamente, quando
le due cose s’incontrano nel mezzo!” Quando ho chiesto a
Carrie su cosa stesse lavorando al momento ha detto: “Sto semplicemente
asciugando la federa del materasso nell’asciugatrice – è su da quattro ore
al massimo del calore ed è ancora umida! È stata fatta in Germania. Hai notato
come tutto ciò che è fatto in Germania è fatto per durare? Adoro la qualità
delle cose tedesche. La nostra auto è così. Ed il mio basso - ora che ci penso
- è un Warwick. Penso che dovremmo
prenderci un agente tedesco… al momento ne siamo alla ricerca!” Non era esattamente la
risposta che speravo ma mi ha portato comunque a chiedere a Carrie circa i bassi
che suona, principalmente Warwick e cosa apprezza di più in essi. “Ormai è molto che
suono i bassi Warwick. Quando ero nei Babylon Zoo dovevo suonare il basso di Jas
Mann; nel frattempo ho agganciato Trevor Cash alla Warwick, e lui sapeva quanto
amassi quei bassi, perciò mi ha preso sul serio e mi ha fatto ottenere la
sponsorizzazione. Li ho sempre suonati da allora in poi. Una volta avevo un
Warwick a quattro corde, che poi ho venduto, mentre ora il mio strumento
principale e uno Streamer a cinque corde appartenuto a Charlie Jones, il genero
di Robert Plant. Adoro quel basso, ha un suono bello e ricco, molto grave e
potente! Ho anche un Warwick Streamer fretless a quattro corde, con un suono
molto dolce, in certi casi il mio preferito – l’ho usato su “Rainy day”,
dall’album “Indian Ocean”. Ne sono molto orgogliosa è splendido da vedere,
sexy e molto suonabile. Ho anche un Warwick Covette a sei corde, anche se devo
dire che nonostante la mia ammirazione per Alain Caron e John Patitucci non
l’ho esplorato molto! Adoro il suono di quel Do acuto sul sei corde, è strano
ed indimenticabile. Riesci sempre a riconoscere un sei corde dal suo suono.
L’ho usato per un intervento solista in un pezzo del nostro nuovo e.p.
“Melbourne”, che uscirà nel Regno Unito quest’estate. Ho anche un Gibson
EB3 a scala corta, che ho desiderato per anni – e che ancora desidero. È il
basso del mio procuratore legale e se non glielo pago lo rivorrà indietro! (Giù
le mani, lettori, è mio, ve l’ho detto!). Un Gibson EB3 rosso vino a scala
corta è stato il mio primo basso in assoluto, l’ho amato un sacco e non mi
lascerò portare via quest’altro! L’ho già usato per un pezzo in stile
trance anni ’60 che abbiamo elaborato su “Melbourne”, ed è venuto molto
bene. Il favorito fra i miei bassi? Il Warwick fretless; ha classe ed è
bellissimo.” Continuando col Chapman
Stick, ho chiesto a Carrie cos’ha di particolare il suo modello. “Ognuno di essi è
unico, rifinito a mano! Il che è un enorme privilegio; immaginati Leo Fender
che costruisce per te la tua chitarra! Emmett ha fatto il mio con legno
d’acero con inserti di paua, a dieci corde e pickup normali. Ne ho un altro
che ho comprato dal mio istruttore Jim Lampi, di policarbonato bianco, fatto a
metà degli anni ’80, coi pickup MIDI. È stato il primo stick su cui ho
imparato. Non ho ancora inserito il MIDI su quello in acero, ma una volta o
l’altra lo farò, dato che è possibile. Ho prestato quello in policarbonato
ad un mio amico, un bravissimo bassista, Bill Burnett, del supergruppo prog-fusion
Sphere; so che gli piacerà. Parlando di bassi, prima mi hai chiesto quali
possiedo. Beh ne ho uno nero disegnato da me, che è stato quello che ho avuto
subito dopo il Gibson, ed è stato costruito dal liutaio scozzese Ian Watt, che
viveva lontanissimo nelle campagne scozzesi! Mi ci volevano tre autobus da St.
Andrews, con un’ora di attesa fra l’uno e l’altro solo per arrivare a casa
sua! È molto bello, fatto da un vero esperto; è una specie di Steinberger ma
con più curve, senza tasti e a cinque corde e con un sacco di apparecchietti in
stile anni ’80 – equalizzatore parametrico, circuitazione attiva, senza
paletta e con le chiavi dietro al ponte. Potrei farlo resuscitare per uno
spettacolo dei Melbourne uno di questi giorni, anche se penso che la
circuitazione avrà bisogno di una ripassata!” Quindi Carrie preferisce
lo stick o è una purista del basso? “Il basso o lo stick?
Parigi o le Seychelles? Jenifer Lopez o Claudia Schiffer? Ho sempre amato il
basso, il groove, il suono, il senso di appartenenza al ritmo del gruppo che hai
quando lo suoni, però penso che sia lo stick lo strumento che io ero nata per
suonare. Ci posso già trovare cose e suoni unici per me, il che è una cosa
molto preziosa al giorno d’oggi, dove è difficile imporsi, far sentire la
propria voce e il tuo territorio. Perciò sarò sempre grata ad Emmett Chapman
per avermi dato l’opportunità di fare qualcosa che posso dire sia tutta mia.
Per me lo stick è come il mio angelo custode, non posso star senza.” Un paio di mesi fa ho
chiesto a Nick Beggs della sua carriera come bassista e suonatore di stick e mi
ha detto che pensava che la ragione principale per cui la gente non suona lo
stick è che è incredibilmente difficile da padroneggiare. L’opinione di
Carrie è però nettamente diversa. “Ammiro moltissimo Nick
Beggs, il suo modo di suonare il basso e particolarmente le sue pazzie sullo
stick che recentemente ha eseguito con John Paul Jones… brillante. Ma cos’è
che è tremendamente difficile d padroneggiare, sullo stick? Non sono sicura di
cosa voglia dire; io lo vedo più come domare un cavallo selvaggio, se hai la
confidenza giusta non ci vuole molto; c’è però un momento in cui pensi di
non riuscire a farcela e dopo di che tutto acquista un senso. A me ci sono
volute due lezioni da Jim per capire un pezzo e una settimana di lavoro di
ricerca per far sbocciare il suono giusto. È dopo di ciò che comincia la parte
dura! Ecco una cosa: se sei un bassista sei abituato a pensare per quarte, così
come è la parte acuta dello stick, perciò devi semplicemente trasferire le tue
cognizioni bassistiche su quella parte di strumento. La parte grave è in quinte
e, come il mio maestro Jim ha evidenziato, l’asse I – V – I è del tutto
logico per il basso, il fondamento della musica classica e pianistica. Una volta
che te lo metti in testa e trovi tutti gli accordi sotto le dita della mano
sinistra, puoi partire. Ora che ho trovato la
chiave per aprire lo stick continuo a scoprire cose nuove, è bellissimo e a
volte sconvolgente. Il pensiero di quanto c’è da scoprire ti confonde. Tony
Levin ha detto una cosa interessante e cioè che quando andò ad una conferenza
di suonatori di stick rimase colpito da quanti diversi stili la gente avesse
creato; ecco come è versatile lo stick. Recentemente mi hanno chiesto di
suonare ad un seminario sullo stick con Tony Levin a Milano, però non posso
andare. Sono così dispiaciuta! È gestito da una delle poche donne suonatrici
di stick al mondo, una musicista di nome Virna Splendore. Spero di incontrarla,
un giorno. In realtà quello che Nick intende è che lo stick, come ogni
strumento, è difficile da padroneggiare. Puoi tirar fuori un pezzo da uno
strumento abbastanza in fretta, ma per padroneggiarlo ci vuole una vita.” Infine, per l’amata
sezione sull’equipaggiamento, a cosa attacca Carrie tutti i suoi bassi e i
suoi stick? “Amplificatori”, dice
– bella scoperta! “Trace Elliot per il basso, e pure molti. Fino a quanti i
miei poveri roadie riusciranno a trasportarne. Più sono, meglio è! Ho usato
una testata da 600 watt con casse 4 x 10 e 2 x 15 con Tricky, nel tour
Lollapalooza del ’97, e l’ho adorata. Per gli spettacoli dei Melbourne mi
devo trasportare io la roba, per ora. Stavo pensando di usare il Marshal 2 stack
pocket amp, con la sua batteria P33. Odio trasportare la roba, e comunque quello
mi ci sta nel borsone! Heh heh… no, seriamente uso un amplificatore Roland da
tastiere per lo stick, nel tour dei Melbourne. Ha gli ingressi stereo e posso
appena sopportarne il peso senza rotolare per le scale quando porto gli
zatteroni ai piedi. Peso cinquanta chili senza gli zatteroni, per cui
trasportare la roba non è una cosa che posso proprio gestirmi. Però negli show
organizzati come quando ho lavorato con Tricky o Mike Oldfield me ne vengo fuori
coi giganti della Trace Elliot. Anche con loro ho una sponsorizzazione, che
prendo molto seriamente perché io penso a lungo su ciò che voglio e quando lo
trovo rimango fedele alla compagnia che ho scelto. Ciononostante sono molto più
elastica per ciò che concerne le corde – basta un’offerta di un set di
corde gratis dalla giusta fabbrica e chiunque può avermi!” Bene, seguendo quel
disperato appella di Carrie per una sponsorizzazione di corde, vale sicuramente
la pena menzionare che anche chi vi scrive è disponibile per una simile
sponsorizzazione, come pure per i bassi, gli amplificatori, i vestiti e le auto.
Hey! Se può farlo l’intervistato può farlo anche l’intervistatore, giusto?
(E così pure il webmaster, eh?) (e anche il traduttore! N.d.T.) Intanto vedrò di
partecipare a qualche show dei Melbourne, più avanti quest’anno, e Carrie mi
ha promesso che potrò andare al soundcheck e provare lo stick. Vi farò sapere
come mi ci trovo. Andy Long Andy Long è il nostro
corrispondente dal Regno Unito e l’autore di numerosi articoli su Global Bass
per diversi numeri. Continuerà nel 2001 con una serie di interessanti e
provocatorie interviste coi migliori bassisti e suonatori di stick inglesi. Visitate il suo sito
presso Third Bass
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